… non solo il “tacete, il nemico vi ascolta”, parola d’ordine ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ma adesso grazie, o per colpa della tecnologia, il potenziale nemico ci può anche vedere oltre che ascoltare, localizzare, entrare nella memoria del nostro computer per copiare, modificare o cancellare le nostre cose o, addirittura, impossessarsi dei nostri risparmi.

Anche in questo campo c’è stato un cambiamento esponenziale che ha ridimensionato e ridotto a poca cosa gli accorgimenti visti nei film di James Bond, un tempo mirabolanti, ma oggi superati dal galoppante progresso tecnologico pure in questo settore. Settore che, praticamente, non era cambiato sin dal tempo dei servizi segreti vaticani di metà Cinquecento e fino alla prima parte del Novecento. Lo spionaggio, o l’intelligence come adesso impongono gli imperanti anglicismi e il politicamente corretto, era affidato a dei “corrispondenti” che cercavano di intrufolarsi nelle corti in vario modo per raccattare notizie (spesso al limite del pettegolezzo) utilizzando talvolta anche personaggi famosi, come nel caso di Giacomo Casanova, che è stato il primo ad usare il termine “agente segreto”.

Anche le potenze di allora, ovviamente, si cautelavano dall’intercettazione della corrispondenza con il sistema, ieri come oggi, il più sicuro: l’incontro diretto fra i personaggi, al costo di far loro intraprendere lunghi e disagevoli viaggi da un capo all’altro dell’Europa, come nel caso di un Ministro francese il quale, per scampare alle tempeste invernali e ai pirati sempre presenti nel Mediterraneo, era stato inviato dalla Francia via terra al Gran Visir di Costantinopoli.

Un antico documento del 1652, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli fra le carte della Segreteria dei Viceré, può confermare quanto abbiamo detto al riguardo.

 

 

 

 

Per chi abbia pazienza e/o curiosità riportiamo la trascrizione del documento citato:

 

“Constantinopola 8 de marco 1652

Haimet Haga che per il passato fu mandato dalla Porta Ottomana per ambasciatore in Spagna è ritornato qui D’Assia Minore in questi giorni, et subito che è arrivato il Gran Vezir l’ha fatto metere in prigione, et soto pretesto che deve alla Camara del Gran Signore, li dimandono quelli denare che ha guadagniato in Spagnia. Ma lui dice non haver guadagniato più di 500 talari, onde resta in prigione fin hora.

Li giorni pasati L’ambasciatore di Franza è venuto in casa dil Gran Vezir, et ha dimandato secreta Audienza, ne la qualle ha proposto al Gran Vezir che il Ré di Franza vol mandare a la Porta un suo Ministro per tratare col gran Signore cose favorevole ala Porta, et accio che quel Ministro non sia impedito dalli cattivi tempi, ò di qualche altro impedimento, lo vol mandare per Terra, et venira per Transilvania et per ciò L’ambasciatore di Franza dimandava un Pasaporte per quel Ministro, et il Gran Vezir, li ha dato non solamente il Pasaporto, ma una lettera apresso, nella quale dimanda al Prencipe di Transilvania di recevere bene quel Ministro francese, et mandarlo qui ala Porta con buona compagnia.

A li 6 di Marzo sono qui arrivate lettere di Transilvania che scrive il Hasan Aga Basa, Ministro Turco che si trova ora in Transilvania, mandato dal Gran Signore (come è la usanza che si manda ogni anno un principal Turco in quel Prencipe di Transilvania) et scrive al Gran Signore che il fratelo del Prencipe di Transilvania è morto, et anco il Prencipe è in periculo di morire per le varioli, et di qui scrive che è arrivato in Transilvania un francese con 20 persone, il quale parteva dopo doi giorni per Constantinopoli, questo ha scrito quel Turco, onde s’aspeta in puochi giorni quel Ministro francese, non se sa perche venne, ma non si sa la verità ancora dicono che è un Ministro di Svetia, altri dicono che vene dal canto dil figlio di Ré morto d’Ingliterra, et le francese l’hanno per gran secreto, et non si puo sapere, io attenderò in tutto quello che tratarà ò dirà, et lo avisarò quanto prima che posso, ma prego di mandarmi quanto prima dinare, poiche senza dinare, non se puo fare niente, et qui col fine m’inchino reverentemente.

Costantinopola, 8 de Marzo 1652”. 

 

Fin qui la trascrizione del rapporto dell’informatore del Viceregno spagnolo di Napoli (informatore rigorosamente anonimo come si addice ad ogni rispettabile spia) il quale termina “bussando” a denari, senza dei quali “non se puo fare niente”.

Ieri come oggi nihil novi sub sole, come anche recita, del resto, un antico e sempre valido adagio calabrese: senza dinàri non si càntanu missi…

 

Valentino Ussia

Ricercatore e scrittore