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Oggi, ovunque si percorra il territorio brasiliano, si trovano quartieri e paesi con nome veneto, come Nova Veneza, Nova Bassano, Nova Trento, Nova Verona, Nova Pádua o Nova Vicenza: località in cui si incontrano persone dai passi fieri, dagli occhi profondi e i lineamenti nostrani, che portano, a volte, baffi, cappelli di paglia e camicie a quadroni. L’attaccamento alle tradizioni venete si percepisce, oltre che nel folclore e nella toponomastica, anche nelle caratteristiche delle abitazioni, nell’eno-gastronomia, nella struttura patriarcale delle famiglie e nel credo religioso. Infatti, tuttora, il lavoro, la vita di ogni giorno, le celebrazioni liturgiche e le attività sociali o commerciali si legano alla cultura taliana più diretta, familiare e intima. L’emigrante, infatti, portava con sé il proprio bagaglio storico-culturale e la padronanza di una serie infinita di “mestieri”, quali eredità preziosa di tante generazioni che avevano accumulato un patrimonio inestimabile di esperienza e saggezza.

I primi taliani - così si fanno chiamare i migranti e discendenti italo-veneti in Brasile - partirono quasi 150 anni fa dall’Italia verso il Brasile, costruendo con tanto sacrificio e difficoltà paesi e città, nuove comunità e una cultura oriunda unica al mondo. La “Mèrica” tanto sognata, descritta dai passaparola di mercanti e persone comuni e dalle pubblicità nei giornali e manifesti delle compagnie di navigazione, se da un lato aveva promesso speranza e fortuna, nella realtà dei fatti si era trasformata in sofferenza e povertà. Per iniziare questa avventura la maggior parte vendeva i pochi averi per pagarsi il viaggio, subendo speculazioni, nonché vere e proprie truffe. Così pure, durante le traversate in navi mercantili adattate al trasporto di passeggeri, il sovraccarico, la promiscuità e le condizioni igieniche precarie causarono malattie e in alcuni casi anche la morte. All’arrivo, le terre promesse si svelarono appezzamenti di foresta vergine lontani anche centinaia di chilometri dalle città principali e l’illusione del diritto all’assistenza sanitaria e all’istruzione o di una rete socio-commerciale si tramutò nel vincolo e urgenza di costruire una comunità capace di autosostenersi, oltre che sopravvivere e affrontare sofferenze superiori a quelle vissute in Italia.

In questa condizione di estremo isolamento geografico i rapporti interpersonali, i legami sociali e umani diventarono le uniche armi in un territorio così avverso. Se in patria l’essere vicentino, veronese o bellunese era sinonimo di diversità e culture differenti, lì nel Sud del Brasile l’esigenza di affrontare le ostilità e di condividere i problemi della vita quotidiana ha originato una cultura oriunda che ha fatto propri gli usi e i costumi importati nelle nuove terre.

Il lavoro, la preghiera, la cucina e soprattutto la lingua sono divenuti la salvezza sociale e gli emblemi distintivi di un nuovo popolo che cantava e si emozionava al ricordo della propria patria e si univa come un tempo nei filò per ricercare parole di conforto e di speranza. Al tempo stesso, la musica, i canti e i balli dettavano il ritmo nei momenti di allegria e delle feste, con la fisarmonica come compagna inseparabile di un folclore locale semplice e sincero.

In questa condizione straordinaria la fusione dei dialetti veneti, bergamaschi e friulani generò un nuovo idioma, denominato talian o veneto-brasilian. A livello linguistico il talian viene considerato lingua neoromanza, poiché proviene da stirpe latina come i dialetti italiani, e anzi si può denominare l’ultima nata. Idioma trapiantato in Brasile, ha preso il suo corso linguistico non solo mescolando i vari dialetti, am anche subendo influenze dal portoghese e cristallizzandosi in una variante simile al veneto odierno. Soddisfa i canoni linguistici in quanto è tuttora parlata, possiede una raccolta importante di grammatiche e dizionari, raccoglie una peculiare letteratura teatrale, musicale e religiosa e si avvia ad avere riconoscimenti giuridici sempre più importanti.

La sua diffusione e rilevanza fu tale che persino altre realtà migratorie presenti in quest’area, come quelle dei coloni tedeschi e polacchi, furono costrette a impararlo poiché negli stati meridionali del Brasile, Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Paraná, i taliani erano quasi il 90% della popolazione. La cultura dei nostri migranti plasmò tutto il sud del Brasile domando le incertezze e le difficoltà della quotidianità con una capacità di adattarsi e far nascere una nuova comunità taliana all’estero.

Un risultato straordinario se si considera che, durante la seconda guerra mondiale, il talian fu proibito dalle autorità brasiliane del Governo Vargas, entrate in guerra con gli “alleati”, tanto da modificare la toponomastica, il nome delle istituzioni locali esistenti e discriminando le culture straniere, soprattutto quella italiana. Ad esempio, Nova Trento, fu chiamata Flores da Cunha, e Nova Vicenza, Farroupilha. Ad Antônio Prado esisteva dal tempo dell’immigrazione uno stabilimento aziendale dal nome Società del Mutuo Soccorso Vittorio Emanuele III, che ha dovuto sostituire la denominazione in Sociedade Prandense de Mutuo Socorro. A San Paolo, la designazione della squadra di calcio, fondata da italiani, chiamata all’origine Palestra Italia, ha dovuto cambiare con Palmeiras.

Dopo tanti anni di lavoro sul campo e ricerca accademica in Italia e Brasile, è risultata vincente l’idea di sviluppare il progetto Cantando in Talian, quale strumento efficace e concreto di valorizzazione della cultura, dell’identità e della parlata tradizionale di questa Italia al di là dell’oceano. Il progetto è un rilevante lavoro di divulgazione in Italia e in Brasile sul fenomeno delle Grandi Migrazioni iniziate nel 1860 in poi, attraverso lo studio della lingua, della storia, dell’architettura e della cultura del canto e del folclore. Tale ricerca è stata supportata da una preziosa raccolta fotografica sull’evoluzione delle comunità taliane in Brasile, prezione registrazioni e alcuni focus culturali che promuovono la ricchezza di questo territorio.

Uno degli obiettivi prefissati è stato quello di divulgare la cultura della storia delle migrazioni italiane in Brasile, attraverso l’insegnamento dell’idioma talian o veneto brasilian, mediante l’ascolto di dieci canzoni scelte anche tra i repertori cantautoriali e contemporanei, e la realizzazione delle attività didattiche di pre-ascolto, ascolto e post-ascolto. Tale metodolgia inedita permette di analizzare i contenuti fonetici, morfosintattici e lessicali, affianco a un lessico specifico relativo ai macrotemi delle professioni, della famiglia, del turismo, della cucina, dell’abbigliamento, dell’arredamento, dei trasporti e conoscenze generali del mondo.

L’esperienza di aver portato questa pubblicazione all’interno delle comunità italo-veneto-brasiliane è stata unica ed eccezionale per il suo apporto e funzione di sensibilizzare e responsabilizzare bambini, giovani e adulti sull’importanza di proteggere questo patrimonio materiale e immateriale che lega indissolubilmente il territorio veneto con il nuovo continente. Molte persone si sono emozionate nel vedere scritta la lingua dei lori nonni e comprendendo che la loro lingua madre non è da ritenersi sbagliata e di coloni analfabeti come spesso purtroppono credono, bensì che debba essere, invece, valorizzata come rappresentazione delle radici e delle tradizioni di una collettività che ha saputo dare un futuro diverso alla propria famiglia. Con la didattura di Getulio Vargan negli anni ’50, nelle scuole insegnavano che bisognava vergognarsi di parlare in talian, perché era considerata la lingua degli stupidi, così i ragazzi, che lo parlavano meglio del portoghese, smettevano poco alla volta di parlare la lingua madre del talian.

Osservando questa cicatrice sociale e culturale, è risultato indispensabile creare una nuova consapevolezza che il talian non è una lingua sbagliata e che va protetta con rispetto e sacrale riverenza verso ogni singola parola che fino ad oggi ci è stata trasmessa. Questa koinè lingustica, quindi, diventa lo specchio linguistico di queste genti, di queste vallate, di questi paesaggi sterminati di colline e campi, attraverso una selezione naturale dei termini che si sono modificati, evoluti e mischiati grazie al contatto e al confronto della cultura locale. Il talian non è la lingua dei bauchi e dei gnoranti, bensì è una voce chiara e contraddistinta di un popolo con un’identità forte e definita, che va preservata e difesa rispetto alle nuove influenze culturali dei media e di una nazione che sta evolvendo in modo molto veloce.

Il veneto brasilian è un patrimonio enorme di cui aver orgoglio, rappresenta un lascito passato e presente di una cultura viva e degna di essere valorizzata al pari di ogni altra lingua, soprattutto nel contesto del sud del Brasile in cui acquisisce un’importanza inviolabile.

Con questa consapevolezza il progetto Cantando in Talian è stato proposto nelle università, nelle scuole e in più di 200 comuni in Italia e altrettanti in Brasile, superando la sorpresa di molti volti che non conoscevano questa pagina comune di storia e stimolando riflessione e nuova attenzione per la storia che ha trasformato per sempre il territorio veneto e le regioni di stabilizzazione.

Cantando in Talian, quindi, è un invito a guardare ancora verso l’orizzonte e verso il futuro di una cultura e lingua che deve costruire il proprio domani crescendo i propri figli, ma non dimenticando mai le proprie radici, storia e identità.

Finché si canterà, quindi, con le parole dei migranti l’epopea delle Grandi Migrazioni, finché si uniranno le voci che in Mèrica gli italiani hanno costruito paesi e città, finchè riecheggeranno nelle case le melodie dei canti delle tradizioni assieme a una carezza e un sorriso di una nonna, il talian o veneto brasilian sarà la lingua del presente e del futuro di queste comunità italo-venete all’estero e noi li ringraziamo per aiutarci a preservare il patrimio immanteriale delle comunità venete in Veneto e nel mondo.

 

GIORGIA NEGLI ARCHIVI DEI MIGRANTI - BRASILE

CONFERENZE NELLE SCUOLE - BRASILE

GIORGIA MIAZZO CON UN DISCENDENTE VENETO IN BRASILE

A CARLOS BARBOSA (RS) - BRASILE

 

Dott.ssa Giorgia Miazzo

Giorgia Miazzo è consulente linguistica, interprete e traduttrice giurata, scrittrice, giornalista e tour leader abilitata. Esperta della cultura dell’America Latina, interagisce a livello professionale e accademico in vari paesi nelle Americhe e in Africa. Ricercatrice del patrimonio immateriale dell’emigrazione italo-veneta nel mondo, svolge giornate studio in Italia e all’estero e ha gestito dieci tournée in Brasile. Ideatrice di progetti quali Cantando in talian o veneto-brasilian, Viaggio di sola andata per la Mèrica, Racconti di due mondi, Veneti al de là del mar, Le Grandi Migrazioni, Grand Tour do Sul, Occhi oltre il mare.

Oltre a partecipazioni radiofoniche e televisive nazionali, articoli su giornali e riviste specializzate in Italia e all’estero, ha istituito il comitato scientifico VSA-M dell’Università degli Studi di Padova e l’osservatorio permanente Grandi Migrazioni. Ha pubblicato le seguenti opere: Cantando in talian. Imparar el talian co la mùsica; Scoprendo in talian. Viaggio di sola andata per la Mèrica; Descobrindo o talian; Le grandi migrazioni. Dal nord Italia al Brasile; I miei occhi hanno visto. 45 viaggi alla scoperta del mondo; Veneti al de là de Mar: Fotografie e Racconti d'Oltreoceano.

È stata premiata con: Premio internazionale Globo Tricolore dalla Presidenza della Repubblica Italiana e RAI; Premio per il Miglior Lavoro nelle Discipline Umanistiche dal Consiglio della Regione del Veneto, Premio Internazionale Salva la tua Lingua Locale al Campidoglio, Premio Scalabrini Lingue Madri, Premiazione Patrimonio Regione del Veneto a Villa Settembrini, Premiazione I Miei Occhi hanno visto presso il Senato della Repubblica e il Consiglio della Regione del Veneto.