UNA CATASTROFE AEREA DAL CONCATENARSI DI FATTORI

 

31 MARZO 1995: I DUE MINUTI D’ASSOLUTO TERRORE DEL VOLO TAROM 371

 

 

Airbus A310-324 del volo Tarom 371

Disastro volo Tarom 371

Memoriale delle vittime di Balotesti

 

Un tragico concatenarsi di eventi causò la caduta dell’Airbus A310-324 Bucharest-Otopeni – Brussel-Zaventem – Tutte le 60 persone a bordo persero la vita – Le foto delle sepolture dei resti di alcuni membri dell’equipaggio nel Cimitirul Ghencea/Cimitero di Ghencea, a Bucarest –

Bucureşti/Bucarest (România/Romania), 3-7 aprile 1995 – Ero giunto in treno da Verona Porta Nuova a Bucureşti Nord, via Budapest Keleti, alle ore 6 del 3 aprile 1995. Non sapevo esattamente quanti giorni sarei rimasto nella capitale romena, dato che tutto dipendeva dagli umori di inaffidabili persone con cui dovevo confrontarmi. Ospitato a denti stretti da Doina, amica di Mihaela, la mia permanenza durò fino al 7 aprile, quando, nel pomeriggio, ripresi la strada (ferrata) del ritorno.

Il giorno prima del mio viaggio a ritroso, m’incontrai con mons. Santo (Santino) Rocco Gangemi presso la Nunziatura Apostolica del Vaticano, in str. Pictor Stahi 5-7. Messinese gioviale (dal 2018 nunzio apostolico in El Salvador), aveva presenziato nella cattedrale di San Giuseppe, il 5 aprile, alla cerimonia funebre per le vittime cattoliche della sciagura aerea (peggior calamità aviatoria romena) che, in quei giorni, teneva banco su tutti i media, ipotizzando ed ampliando anche cause improbabili date in pasto con smaccato sensazio-nalismo.

Il martellare continuo riguardo al tragico avvenimento su televisioni e giornali (che guardavo e leggevo contagiato dalla frenesia generale) mi coinvolse emotivamente, anche perché, tra l’opinione pubblica imbeccata da scandalistici organi d’informazione, le illazioni dominanti non erano inerenti a guasto tecnico od a errore umano ma “alla bomba d’un attentato terroristico”, “al fondamentalismo del Fronte islamico di salvezza algerino”, con relativo sottobosco complottista (compreso un fantomatico personaggio, partito o meno, che non sarebbe stato nella lista ufficiale dei passeggeri).

Si trattava del volo Tarom 371 Bucharest-Otopeni o Bucharest-“Henry Coandǎ” (Romania) – Brussel-Zaven-tem (Belgio), decollato tra vento e nevischio alle ore 9:06 e precipitato alla velocità di 324 nodi (600,048 km/h) appena due minuti dopo, alle 9:08 del 31 marzo 1995, nei pressi di Baloteşti, provocando un cratere profondo tra i 4 ed i 6 metri in un terreno agricolo e la morte di tutte le 60 persone a bordo, 49 passeggeri (32 del Belgio, 9 della Romania, 3 degli Stati Uniti, 2 della Spagna, 1 della Francia, 1 della Thailandia e 1 dei Paesi Bassi) tra cui una bambina di 4 anni ed 11 membri dell’equipaggio.

L’aereo della Tarom (Transporturile Aeriene Române, Trasporto aereo romeno, compagnia di bandiera), denominato “Muntenia”, era un Airbus A310-324 (immatricolato YR-LCC) che aveva volato, per la prima volta, il 12 giugno 1987 e che, allo stato della disgrazia, contava 31.092 ore di volo.

Il comandante era Liviu Bătănoiu, 48 anni, con una carriera di 14.312 ore di volo delle quali 1.735 su airbus come il “Muntenia”. Prima di decollare verso Bruxelles aveva effettuato il suo ultimo servizio sulla tratta Bucarest (Romania) – Tel Aviv (Israele) mentre il suo adde-stramento più recente s’era svolto il 12 novembre 1994, in un ambito della Swissair a Zurigo (Svizzera). Operava come copilota e primo ufficiale Ionel Stoi, 51 anni, con 8.988 ore di volo alle spalle, di cui 650 su Airbus A310-234. Prima del grave sinistro era stato impegnato sulla tratta Chicago (Usa) – Shannon (Irlanda) ed il suo ultimo addestramento risaliva al 21 settembre 1994, sempre alla Swissair di Zurigo.

L’aereo decollò dalla pista 08R con Stoj ai comandi e con la consapevolezza di un’anomalia preesistente all’Automatic throttle system (Ats), Sistema di spinta automatica, che doveva essere tenuto sotto controllo da Bătănoiu. Il comandante ritirò i flaps (parti mobili delle ali che consentono d’incrementare la portanza al decollo ed all’atterraggio) ma non gli slats (superfici aerodinamiche sul bordo d’attacco delle ali degli aerei ad ala fissa che s’integrano con queste quando sono ritratte) perché si sentì male e forse svenne. Intanto, il motore sinistro dell’airbus scese al minimo mentre quello destro restò alla potenza di salita causando un’asimmetria nella spinta, con velocità in riduzione ed un inclinamento a sinistra.

Probabilmente intento a soccorrere Bătănoiu, Stoi non s’accorse del rollio a sinistra in aumento e, con l’asimmetria di spinta al valore massimo, l’aereo si piegò ancor più a sinistra (allucinante immaginare il panico a bordo!) e perse drasticamente quota precipitando a terra, ad appena una decina di chilometri da Otopeni.

Il rapporto finale sulle cause dell’incidente del volo Tarom 371 stabilì come corresponsabili il malfunzio-namento dell’Ats (asimmetria nella spinta), il malore al comandante Bătănoiu (è stato ipotizzato un attacco cardiaco, con presumibile decesso) e la sua conseguente impotenza ad agire, le errate od insufficienti azioni correttive del primo ufficiale Stoi per rimediare ai primi due eventi.

In ogni caso, i campanelli d’allarme, per quanto riguardava la difformità dell’Ats dell’Airbus A310-314, c’erano stati. Troppo trascurati o minimizzati? Si verificarono anche quando l’aereo operava per la Delta Air Lines e perfino nel volo precedente a quello della sciagura, ma non segnalato opportunamente.

La stessa Airbus era a conoscenza del presumibile difetto dell’Ats riguardante i tipi A300, A300-600 e A310 assemblati prima del 1986 e s’era premurata d’emettere un documento tecnico con le istruzioni per fronteggiare l’inconveniente destinato ad integrare la catena di produzione degli aerei ma non, per estensione, quelli già realizzati, con un bollettino di manutenzione obbligatoria.

Un maledetto concatenarsi di fattori determinò la caduta del volo Tarom 371 e lo scempio dell’aereo e dei corpi delle vittime dispersi per centinaia di metri. 168 sacchi di resti umani raccolti con paziente pietà costituirono l’incubo finale.

Sul luogo della catastrofe aviatoria è stato eretto un memoriale (Memorialul Victimelor de la Baloteşti) con tutti i nomi dei deceduti, ristrutturato da volontari nell’agosto 2017.

La terra dell’impatto, rivoltata in seguito per la coltivazione come sempre, ha restituito e restituisce ancora pezzi dell’airbus (qualcuno s’è perfino creato un piccolo museo “casalingo” con quanto rinvenuto) e frammenti di ossa umane, elementi ormai inutili alle autorità che considerano il disastro di Baloteşti un capitolo ormai definitivamente chiuso. In barba ad inchieste e ricostruzioni giornalistiche che hanno scoperto e rivelato, negli anni, “stranezze” (“premonizioni”, “coincidenze” ecc.) e perfino la “sparizione” di dossier sulla tragica vicenda.

Misterul Baloteşti/mistero di Baloteşti?

Non potei fare a meno, anche per mero impegno giornalistico, a recarmi nel Cimiterul Ghencea/Cimitero di Ghencea, nel quartiere omonimo di Bucarest, per un omaggio, anche solo fotografico, alle tumulazioni di membri dell’equipaggio dell’Airbus A310-324.

Mi trovai di fronte ai particolari simboli dell’aviazione civile contraddistinti dalla bandiera nazionale romena, posizionati come estreme sentinelle a vigilare Ionel Stoi, Daria Mihaela Bucur, Doina Jurcovan, Victoria Balanescu, Livia Carmen Munteanu e Constantin Buza. Deceduti per dovere professionale nella strage degli innocenti. Tutti come le altre vittime del disastro aereo, purtroppo, già dimenticati dal capriccioso, disattento e parziale sentire comune internazionale…

Foto concesse dall´autore