Le divisioni etniche e religiose sono solo il “casus” politico e ideologico di tutte le guerre moderne, il motivo reale, però, come a tutti noto, è il potere economico.

L’economia del mondo attuale, infatti, dipende tuttora dai combustibili fossili, tant’è che il controllo delle riserve degli stessi rimane il fulcro del potere.

Paesi come Sudan del Sud, Iraq, Siria, Nigeria, Ucraina e Kuwait, tanto per citarne alcuni, sono in conflitto, interno e/o esterno, esclusivamente per questioni energetiche, senza dimenticare il neo colonialismo francese (franco CFA), che ha ipotecato le risorse energetiche e non solo, di quasi tutta l’Africa.

Tanto per ricordare, il Franco CFA è una moneta di conio francese, creata oltre sessant’anni fa (26 dicembre 1945) e legata alla fluttuazione dell’euro, che sottomette economicamente 14 ex colonie africane e l´Unione delle Comore.

Infatti, dall’utilizzazione del franco CFA derivano un certo numero di obblighi, come la rappresentanza dello Stato francese nei consigli d’amministrazione e di sorveglianza delle istituzioni finanziarie nelle 14 ex colonie; la gestione del 50% della valuta dei 14 Paesi, l’investimento dei proventi nei propri titoli di stato e, ancora, il diritto di prelazione, nell’acquisto delle risorse naturali esistenti (gas, petrolio, uranio, oro e metalli preziosi). Insomma, sorte peggiore non poteva abbattersi su questi malcapitati Paesi africani, che invece di progredire rimangono eternamente impigliati nella “rete” francese.

La moneta coloniale è criticata persino da diversi economisti e intellettuali africani, che vedono il perpetuarsi del dominio coloniale, ai nostri tempi, come una penosa contraddizione, che si ripercuote sui popoli interessati e non solo, perché le recenti migrazioni, cui stiamo assistendo in questi ultimi anni, rappresentano una innegabile conseguenza.

Ci potremmo chiedere perché i governi sottomessi a questa anacronistica forma di colonialismo non si ribellano, ma la risposta è semplice: o se ne approfittano per “conto proprio”, oppure temono le reazioni di Parigi.

Per continuare con la “politica” francese, non possiamo non citare l’affaire Sarko-Gheddafi, riferendoci alla Libia.

Essa fu attaccata, senza preavviso e apparente motivo, dalla Francia sedicente “amica” e poi dagli USA e Inghilterra, nonché da una riluttante Italia, costretta da vincoli NATO, per poter successivamente saccheggiarne le riserve petrolifere (per intenderci, Total era sfavorita nei confronti dell’Eni, compagnia più avvantaggiata nello sfruttamento delle risorse locali).

Un secondo motivo dell’attacco francese consisteva nel “bruciare” le prove di un segreto “inconfessabile”, a detta del Raiss e del figlio Saiff.

Nel 2011, quando la Libia subì l’aggressione francese, Saif al Islam Gheddafi disse in esclusiva ad euronews : "Bisogna che Sarkozy restituisca il denaro libico avuto per la campagna elettorale"(si parla di 50 milioni di euro).

Note sono le conseguenze dell’insensata guerra alla Libia: destabilizzazione territoriale e caos migratorio verso l´Italia (dovremmo dire verso l’Europa? Beh, sappiamo tutti che a pagare lo scotto era, fino a quasi un anno fa, solo l’Italia).

Bene, fatta questa premessa, siamo propensi a pensare che solo quando il mondo passerà alle energie rinnovabili, finiranno le guerre per l´oro nero, anche se, riportandoci all’omonimo film umoristico scritto da Renato Pozzetto, Cochi Ponzoni e Felice Andreasi, le guerre non finiranno mai.

Purtroppo, ahinoi, siamo ancora lontani dall’autosufficienza energetica alternativa, per cui torniamo pure ai problemi attuali, rappresentati, naturalmente, da gas e petrolio.

A questo proposito, i soliti attori internazionali stanno prendendo posizione in Medioriente, stringendo le più svariate alleanze, che servono all’accaparramento, appunto, di nuove fonti energetiche. È un intrecciato gioco geopolitico già impostato nelle aree di interesse strategico, quali Hormuz e Malacca, la fascia Artica, il bacino del Caspio e il Mediterraneo orientale ed è di quest’ultimo, in particolare, che tratteremo.

La crisi siriana, che tiene banco da diversi anni, ha continuamente movimentato gli interessi e le alleanze dei maggiori protagonisti della stessa; USA, Russia, Turchia, Europa, Paesi del Golfo e mediorientali. Nel contempo, si è scoperto che la fascia del Mediterraneo orientale è una zona dal potenziale energetico quintessenziale per l’economia dell’Europa e non solo, per cui si sta delineando una nuova mappa geopolitica di tutta quell´area.

La politica USA, in questo caso contro corrente, si stacca dal Medio Oriente e si va adattando alle varie opportunità che il continente americano offre; nuovi accordi col Messico e col Canada sugli approvvigionamenti energetici, nonché l’inizio della produzione interna di olii e gas di scisto. Tutto ciò giustifica la ritirata dall’area mediorientale delle forze militari USA, anche se c’è sempre Israele, a fare da sentinella e da “censore”.

Rimangono in ballo, pertanto, in quell’area geografica, la Russia, l’Europa e i Paesi che da qui a poco vedremo interessati al “petrobusiness”.

Messo da parte il progetto South Stream, pipeline che avrebbe coinvolto Austria e Ungheria, la Russia, a causa della crisi Ucraina, ha puntato su un progetto alternativo, il TAP (Trans-Adriatic Pipeline), di cui diremo tra poco.

East Med, invece, è il nome di un gasdotto lungo 2.000 chilometri che partirà da Israele e arriverà in Italia, attraversando quattro Paesi: Israele, Cipro, Grecia e Italia.

Tutto iniziò nel 2009, allorché Israele, Egitto e Cipro decisero di realizzare attraverso ENI e TOTAL appositi studi per capire se fosse stato possibile estrarre risorse energetiche dai fondali delle loro acque territoriali. Non solo le ricerche diedero esito positivo, ma – secondo gli studi della US Geological Surbey (United States Geological Survey “USGS” è un'agenzia scientifica del Governo degli Stati Uniti) – le riserve furono sorprendentemente stimate in 3,5 trilioni di metri cubi di gas e 1,7 miliardi di barili di petrolio, al di sopra di ogni aspettativa.

Va precisato che il progetto East Med si contrappone e supera, tra l’altro, per maggior convenienza, l’anteriore progetto, il Gasdotto Trans-Adriatico (il cui acronimo inglese è TAP - Trans Adriatic Pipeline), sopra menzionato e già in costruzione. Quest’ultimo dalla frontiera greco-turca percorrerà Grecia e Albania per finire in Italia, nella provincia di Lecce, assicurando, così, l'approvvigionamento di gas naturale, originario dall'area del Mar Caspio (Azerbaigian), all’Italia e all’Europa.

Se si prendono in esame i progetti di costruzioni delle pipelines ad oggi al varo, TAP e East Med, notiamo che entrambi interessano l’Europa, in quanto diversificare le fonti di approvvigionamento energetico è politicamente saggio, con i tempi che corrono, con le ricorrenti crisi tra Est e Ovest e con le alleanze sempre più mutevoli in una scacchiera politica dal gioco fluido e imprevedibile.

Detti progetti rivestono particolare importanza ancor più per l’Italia, che potrebbe giocare una carta vincente; la propria posizione geografica nel Mediterraneo.

Oltre a ciò, contano a favore dell’Italia la tecnologia e le buone relazioni sia ad Est che a Ovest. E l’Europa, con nuove "teste" al comando, bruciando le malcelate ambizioni di Francia e Germania di spartirsi il Vecchio Continente, attraverso l’Italia, si potrebbe affrancare dall’influenza americana e rivestire un ruolo di primo piano, quantomeno, nel mercato dell’economia mondiale.

Dicevamo dell´EastMedche, appunto, suscita maggior interesse e convenienza del Tap per l’Europa e ciò è dovuto non solo a motivi economici, ma, soprattutto, a motivi politici; i governi occidentali non vedono di buon occhio una dipendenza energetica dalla Russia e dalla Turchia, i cui rapporti, già tra di loro problematici, con l’UE si fanno sempre più tesi e sul cui territorio passano i tubi del gasdotto. Eppoi, chiaramente, gli USA, “santo protettore” d’Israele, hanno tutto l’interesse a rafforzare l´economia e  l’export del loro protetto.

Sotto il profilo operativo il Tap è realizzato dalla Elektrizitäts-Gesellschaft Laufenburg (EGL), ora denominata Axpo, società svizzera operante in particolare nel commercio di elettricità, gas e prodotti finanziari energetici e dalla società energetica norvegese Statoil, mentre l´ East Med sarà realizzato da Igi Poseidon, società di diritto greco partecipata in modo paritetico da Depa s.a. e da Edison International. L´UE ha dimostrato così tanto interesse, per come già detto, verso l’East Med, da stanziare 100 milioni di dollari in uno studio di fattibilità che analizzasse rischi e possibilità di realizzazione del gasdotto.

Succede che una ricchezza energetica di siffatta portata abbia messo in fermento il bacino orientale del mediterraneo e i Paesi rivieraschi.

Infatti, da una parte, le ostilità tra Cipro e Turchia si sono accentuate negli ultimi tempi (le esercitazioni militari congiunte Israele-Cipro, sono un chiaro messaggio alla Turchia), dall’altra, Israele non vorrà perdere l’occasione di dominare un tratto del Mediterraneo a causa della potenzialità energetica scoperta nei fondali davanti a Gaza e, attraverso questa nuova situazione, rafforzare la propria marineria.

Ben per noi, comunque. In pratica, con l’East Med, sarà beneficiata l’industria italiana, che costruirà, per conto d’Israele, entro il 2025, la pipeline più lunga e profonda di sempre, per un costo di circa 6 miliardi.

Vacche grasse per tutti? Non proprio, detto progetto lascia a bocca asciutta i Palestinesi, territorialmente parte in causa (il giacimento è, lo ripetiamo, davanti a Gaza), in quanto gli Israeliani si sono accaparrati materialmente lo sfruttamento dell’area in accordo con i Ciprioti, nei cui fondali delle acque territoriali insistono i giacimenti.

L´Egitto, a sua volta, aspira a divenire l´hub di distribuzione per il Nord Africa e, con certezza, così sarà.

Cosa verrà fuori da questa nuova situazione?

L’intesa tra Italia e Israele sul gasdotto EastMed servirà, da una parte, a contenere l’influenza dei Paesi del Golfo Persico in Europa e, dall’altra, a far sì che l’Europa divenga sempre meno petro-dipendente dalla Russia.

Nuove alleanze strategiche sorgeranno, modificando i rapporti di forza nello scacchiere energetico mondiale.

L´Europa, con la realizzazione dell´EastMed, si renderà indipendente dall´America? È troppo presto per dirlo. Gli USA hanno sempre in mano un prezioso rubinetto, che si chiama Israele. Eppoi, la loro preoccupazione è quella di mantenere, in ogni caso, il predominio sul vecchio continente, con una novità: a buon prezzo, in previsione di un maggiore dispiegamento di forze e di investimenti militari sullo scacchiere asiatico.

Comunque sia, con la costruzione della pipeline East Med che collegherà il Mediterraneo orientale all’Europa, passando per Cipro, Grecia e Italia si giocherà in “casa”, ovvero, se possiamo dare un’interpretazione estensiva al detto: “Moglie e buoi dei paesi tuoi”, tratteremo con vicini di casa, senza spingerci nelle incognite del Medio Oriente e oltre, sempre che il gasdotto, battezzato "Israele” non divenga buon motivo di scontro tra Lega e M5S.

G.&G. ARNÒ