Secondo i dati Eurostat, rielaborati dal Mise, l'Italia rimane la “pecora nera” dell’Europa, in quanto non riesce a recuperare le perdite della crisi e a mettersi alla pari dei primi della classe dell´ UE su produzione e lavoro.

Con l’avvento del nuovo governo “giallo-verde” siamo diventati ancora più “pecora - nera” per aver cominciato ad agire secondo i nostri veri valori, riscattando l’orgoglio nazionale e lo spirito identitario, reagendo, così, di fronte al resto del gregge di “pecore - bianche”.

Ci riferiamo ai rapporti con L´UE e alla nuova politica sull’immigrazione.

Angela Merkel, Pedro Sanchez, Emmanuel Macron sono coloro i quali hanno recentemente criticato l’attuale governo italiano per la politica anti-immigratoria e per la mancata accoglienza indiscriminata di africani e islamici.

Adesso è la loro volta!

Sanchez e Merkel si incontrano d´urgenza, anche se informalmente, a Sanlúcar de Barrameda (Andalusia), per discutere sulle opportune provvidenze da adottare nei confronti dell’immigrazione di massa, che adesso sta destabilizzando il sud della Spagna e non solo.

I due leader pensano di convincere l’UE a beneficiare il Marocco e gli altri Paesi del Nordafrica con incentivi economici, affinché adottino la stessa politica, tanto criticata dagli stessi solo poche settimane addietro, che sta svolgendo la Libia (controllo delle frontiere) in concerto col governo italiano.

Finalmente la Merkel, da sempre favorevole all’immigrazione, l’eroina del “milione di migranti”, si accorge che gli accordi europei di Dublino sull’accoglienza e l’asilo non sono più attuali e funzionali.

Il fatto è che, in teoria, i profughi non dovrebbero mettere piede in Germania, in quando essi dovrebbero rimanere nei Paesi di primo approdo, ove verrebbero espletate le procedure di identificazione, di verifica del diritto d’asilo e di gestione degli stessi, inclusa la ridistribuzione per quote, nei Paesi dell’Unione.

Solo che, per la facilità della libera circolazione, una volta approdati in uno dei Paesi dell’Europa, espletate le formalità di ingresso o non, i migranti decidono, nel lassismo amministrativo fino ad ora più assoluto, dove rimanere o dove trasferirsi e una parte di essi si porta in Germania, tenuto anche conto che il blocco europeo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Austria) non accetta migranti.

Nel momento in cui, quindi, la presenza dei profughi si rende scomoda e assurge a motivo di contestazione da parte degli alleati di governo, la Merkel deve correre ai ripari per salvare la propria poltrona e si allinea, cosa impensabile con i nostri precedenti governi, alla politica di cambiamento delle regole, reclamata dall’Italia.

Emmanuel Macron, dal canto suo, attualmente in ferie a Fort Bregançon, in Costa Azzurra, con la nuova legge sull’immigrazione porta da 45 a 90 giorni (addirittura a 135 in alcuni casi) la durata della detenzione per i richiedenti asilo e nello stesso tempo, stabilisce la diminuzione da un mese a quindici giorni il tempo massimo per fare ricorso in caso di rifiuto. In buona sostanza, mira ad aumentare il numero dei respingimenti.

Ricordiamo che, finché quest’invasione caotica è rimasta limitata al territorio italiano e greco, i nostri partner europei (le “pecore bianche”) si sono mostrati tranquilli e contenti; loro, in effetti, pensavano di continuare a circoscrivere il fenomeno al territorio italiano in cambio di una manciata di milioni di euro e di qualche strappetto da parte del nostro bilancio nazionale alle rigide regole fiscali europee.

Inaspettatamente, però, le elezioni del 4 marzo hanno dato una svolta alla politica italiana che, facendo proprie l’esasperazione della maggioranza della popolazione e la grave crisi in atto, promuove un governo in antitesi alle evoluzioni nocive della globalizzazione, alle migrazioni di massa e in contrasto con le politiche sovranazionali di concertazione.

Il nuovo governo viene tacciato di sovranismo, populismo e quant’altro di simile, da un’opposizione oramai in tilt, ma esso, in effetti, traccia un programma di salvezza specifico: risollevare l’economia della nazione, combattere l’invasione selvaggia degli stranieri, che sta distruggendo la cultura, la sicurezza e l´ identità nazionale e, non ultimo, rivedere le regole del gioco, qualora stia ancora a cuore il futuro dell’Europa.

Oggi nasce, in effetti, una nuova realtà, una nuova classe politica, una nuova mentalità, che cambia la mappa emotiva del Paese e restringe lo spazio internazionalista, terreno di attuazione della gente di sinistra.

Tempi nuovi si annunciano, il popolo soffre e chiede giustizia, vuole riscattare la perduta dignità; i giovani non si riconoscono nell’habitat sociale in cui si ritrovano e creano uno stato di crisi; sono le avvisaglie dei grandi cambiamenti e del prezzo che si paga per dar vita a una nuova società.

La sfida per il cambiamento è lanciata; c’è sempre una strada migliore, sta a noi cercarla!

Stando così le cose, sorge spontanea una domanda: ce la faremo a raddrizzare la barca, dimostrando la capacità della “pecora nera” in un gregge di “pecore bianche” senza individualità e troppo occupate a inseguire la futilità?

Se abbiamo perduto ogni fede nelle relazioni umane, solo Dio lo sa, ma se crediamo ancora nella forza dei valori della nostra civiltà, rispondiamo affermativamente.

Eppoi, alla fine, vale ancora il detto: “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna pur cambiare”.