La Città dell’Altra Economia a Testaccio è stata per un week end la capitale della viticultura naturale, un movimento che ingrossa sempre più le fila dei suoi appassionati. Le sale della Città dell’Altra Economia si sono riempite oltre modo degli eno-appassionati che sempre in misura maggiore seguono il mondo dei vini naturali. Una viticultura nata come movimento di nicchia, che ha fatto il suo percorso nel bene e nel male.

Da una parte gli atteggiamenti talebani da parte di produttori e amanti del genere. Una difesa estrema che in nome del “Naturale”, ha giustificato troppe volte e per diversi motivi vini spesso imbevibili. Tenuti al riparo dietro l’etichetta di bio o biodinamici. Ma anche come accade a volte, una tendenza per tutti quelli che il vino lo usano per darsi un tono di esclusività. A questo bisogna aggiungere la diffidenza dei produttori “tradizionali” che hanno spesso vissuto l’avanzata di questa viticultura come una minaccia.

Oggi il Mondo dei vini naturali superata questa fase iniziale, è una realtà ben delineata che non si presta più ad equivoci, ricoprendo una sua posizione ben precisa nel panorama produttivo italiano. Il riscontro arriva anche dai numeri che indicano la crescita percentuale di questi prodotti, lasciando intravedere per loro un futuro roseo. Considerarli prodotti d’élite è sbagliato, ma sicuramente non si rivolgono a chi raccatta una bottiglia a caso al supermercato. Sta infatti proprio nell’identità e nella particolarità il cuore della viticultura naturale. Quella dei V.A.N. vignaioli artigianali naturali è solo una delle iniziative, nate per promuovere questa viticultura comunicandone correttamente i contenuti.

La partecipazione riguarda vignaioli provenienti da tutto il paese che condividono principi e regole comuni. Nei loro vini la creatività rispetta la cultura del territorio, il mondo contadino e le sue differenti modalità radicate nella storia. Una ricchezza che si traduce sempre in vini unici e di grande personalità, in grado di restituire nel bicchiere annata e terroir senza aggiustamenti di sorta. Al centro della loro viticultura c’è la fermentazione spontanea, il rispetto della terra e lo sviluppo salutare della vite, ottenuto attraverso la rinuncia all’utilizzo dei prodotti chimici secondo i protocolli dell’agricoltura biologica e biodinamica. Il loro profilo organolettico difficilmente aderisce a quello delle doc dei loro territori di provenienza, ma questo scongiura la standardizzazione ed è forse il loro pregio maggiore.

All’evento romano erano rappresentate quasi tutte le regioni italiane. Una moltitudine di storie diverse, raccontate direttamente da chi ha deciso di produrre vino in equilibrio con l’ambiente che vive. Un magnifico quadro d’insieme dell’ambiente contadino e del mondo agricolo italiano. Non da poco la possibilità di acquistare i vini direttamente da loro, scoprendo che il costo di qualità e unicità non è poi così strabiliante. Il Lazio giocava in casa è da perfetto padrone di casa non ha sfigurato nella sua proposta. I bianchi di Cantina Ribelà, i Cesanese di Riccardi Reale, la malvasia puntinata di Marco Colicchio, il canaiolo de Il Vinco, i rossi di Podere Orto e i vini di Maria Ernesta Berucci sono stati tutti all’altezza, annullando questa volta, il divario che la viticultura regionale paga spesso verso altre zone d’Italia.

L’escursione tra le sale ha permesso la conoscenza del Bianchello Ribelle e degli altri vini dell’Azienda Marchigiana Ca’ Sciampagne e del Cannonau di Francesco Cadinu, esempio di come l’alcol si possa integrare perfettamente in un vino di grande struttura. Piacevoli incontri quelli con il grechetto di Elena Vezzoli, la Tintilia di Vinica, l’aglianico di Casa di Baal, i vini degli appassionati viticultori toscani della giovane realtà Fattoria San Vito e quelli del Monferrato di Cascina Grillo.

Grande sorpresa i vini Calabresi di Lucà a base mantonico e nerello calabrese. Purtroppo la necessità di selezionare gli assaggi ha fatto si di escludere tante vecchie conoscenze, sacrificate solamente per dar spazio a nuovi assaggi. Impossibile però tralasciare lo strepitoso ‘Nzemmula, Nerello Mascalese di Bruno Ferrara Sardo e l’intera produzione Di Daniele Saccoletto nel Monferrato. Vini quelli di questi ultimi due produttori, che da soli rappresentano la ragion d’essere dei vini naturali senza bisogno di aggiungere parola alcuna.