Amsterdam si aggiudica l´Ema e, poco dopo, Parigi l´Eba

Non è lo sfogo del perdente, ma il sospetto che siano prevalsi forti interessi nel decidere sull´assegnazione dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) e sulla scelta del magistrato che giudicherà il ricorso presentato da Milano dopo aver subito la sconfitta al ballottaggio, da parte di Amsterdam, a farci scrivere quel che pensiamo.

Milano rappresentava, ad un esame oggettivo, la migliore candidatura, il miglior sistema industriale farmaceutico, il miglior know-how europeo, il miglior centro universitario di ricerca medico-scientifica, insomma nulla da invidiare persino ai reputati laboratori tedeschi, ma è stata eliminata da Amsterdam, ove, guarda caso, l'edificio destinato all´Ema ancora non c'è, con la conseguenza che il trasferimento del personale e delle attività dalla sede di Londra è destinato a subire ritardi e notevoli costi supplementari.

Tutto ciò è avvenuto per volontà di chissà quale conciliabolo di euroburocrati, che, in un primo momento, decidevano di stabilire la città vincitrice, col lancio della monetina più assurdo di sempre, come se si trattasse della scelta del campo in una partita di calcio, poi, col sorteggio delle buste, come nei programmi a premi televisivi e, infine, con i classici bussolotti delle estrazioni dei numeri del gioco del lotto (operazione, peraltro, avvenuta senza rispettare la pausa, prevista in tal caso, di 30 minuti dopo l'ultimo voto con pareggio).

Purtroppo, la decisione non riguardava un semplice gioco, ma un budget di circa 300 milioni di euro l'anno, un giro di circa 65 mila persone partecipanti ai meeting organizzati dall’ente , un impiego di circa 900 dipendenti, 30 milioni di euro che l'Ema distribuisce alla propria rete di fornitori, l´impiego diretto o indiretto di 60.000 persone, oltre al prestigio culturale che avrebbe conferito i giusti meriti al potenziale italiano.

Ad una beffa se ne aggiunge un´altra? Una coincidenza è una coincidenza; due coincidenze sono un valido indizio. Ecco che sorge, a buon diritto, il nostro dubbio sulla casualità della scelta del sig. Marc van der Woude, vicepresidente della Corte Europea di Giustizia, che dovrà giudicare il ricorso presentato da Milano dopo essere stata sconfitta, nella gara, da Amsterdam. Il giudice prescelto è persona di tutto rispetto? Certamente lo è, anche se è olandese e giudica una controversia tra Milano e Amsterdam, ma ricordiamoci che pure Bruto era uomo d’onore!

Per concludere, viene da chiederci se sia mai possibile che solo i nostri governanti non vogliano rendersi o non si rendano conto di quanto siamo malconsiderati e invidiati in Europa. Altrimenti, non si giustificherebbero gli abbracci affettuosi e i sorrisi elargiti dagli stessi ai colleghi europei. Allora, non resta che dedurre che i predetti pensino che noi siamo superiori a loro, perché siamo signori e…”signori si nasce…” come affermava il nostro Totò. Se si potesse corredare questa situazione di una vignetta, verrebbe da pensare alla caricatura dei nostri antagonisti europei che, con la nuvoletta che rappresenta un piatto con il solito pollo fumante in mano a un cameriere di cartone, sulla porta di una osteria di terz’ordine, alla vista del nostro personaggio politico di turno, pensano: il pollo è arrivato. E a noi che ce ne frega? Mica siamo polli…noi! Forse, con rispetto parlando, siamo solo tacchini.

A questo punto, non vorremmo apparire pessimisti, ma lasciateci almeno dire: "Qui gatta ci cova"!