Oggi l´euro compie 15 anni e presenta il maggior problema della sua vita: la sopravvivenza.
Previsto nel trattato di Maastricht 25 anni fa, nacque per il desiderio di integrazione sentito dai Paesi che si erano combattuti durante le due guerre mondiali. Il 1º gennaio del 2002, quando le prime banconote iniziarono a circolare ancora in concomitanza con le monete locali, i Paesi aderenti all´euro erano appena 11, contro gli attuali 19.

Attualmente l´euro, agli occhi attenti del cittadino europeo, simboleggia amaramente l´utopia dell´integrazione continentale europea, che attraversa da almeno otto anni una crisi senza fine, fomentata dalle ondate nazionalistiche, dai malgoverni, dalla sfiducia verso le istituzioni e dalle fragili condizioni economiche - bancarie dei singoli Stati.

Va ricordato che gli Stati membri dell'Unione europea, che adottano l'euro come valuta ufficiale, sono 19, con una popolazione di 339,7 milioni di abitanti (quasi uguale a quella degli USA) e un PIB di 10,4 trilioni, ovvero una delle tre colonne dell´economia mondiale con un superavit commerciale di 322 bilioni di euro. Essi rappresenterebbero, quindi, circa il 7º Stato al mondo per area e il 3° per popolazione.

Questo gigante dell´economia presenta, però, in sè dati allarmanti, tra i quali vanno segnalati la proporzione del PIB e l´elevato debito pubblico fermo da 5 anni. Dentro i parametri imposti dal trattato (60%) rientrano solo 5 Paesi, mentre gli altri arrivano ad oltre il 90%.

La disoccupazione, pari al 10,9%, gli interessi a zero da tempo, il deficit fiscale, pari all´1,9% del PIB, associati ad altri fattori economici negativi, nonchè all´assenza di una politica economica comune, sono elementi che pesano sulla fragile stabilità dell´attuale politica monetaria.

Inoltre, quest´ultima va messa sotto accusa per il controverso sistema della sua gestione adottato, tra l´altro, dalla Banca Centrale allorquando immette sul mercato liquidità, anziché risolvere i problemi connessi alla mancanza della stessa. Ricordiamo che dalle scelte della Banca Centrale Europea dipende buona parte dell’equilibrio finanziario e quindi economico dell’Europa intera.
Infatti, le scelte effettuate dalla BCE influiscono anche sul costo del debito di un’azienda. E, se il costo del denaro, risultante in un certo sistema economico, influisce sulla divisa di questo nei confronti di un altro, è altresì vero che esso determina e condiziona anche il relativo rapporto di import/export.

Le previsioni degli esperti in materia indicano che il 2017 dovrebbe essere l´anno della grande svolta con la de-globalizzazione dei mercati (superamento della globalizzazione attraverso l’incentivazione dei mercati locali) e la de-finanziarizzazione delle economie (allontanamento delle attività finanziarie dal sistema economico) e con il conseguente sovvertimento degli effetti catastrofici che questi due processi hanno avuto sulle disuguaglianze nella distribuzione dei redditi e sugli assetti occupazionali, soprattutto in Europa. E, forse, in conseguenza di ciò,  sull´onda del consenso nazionalistico, già in occasione delle prossime scadenze elettorali, non mancherà l´occasione di sentire invocare la sovranità nazionale e monetaria in Paesi come la Francia, la Germania e l’Italia. 

Indiscutibilmente, grandi trasformazioni si intravedono all´orizzonte e, se la grande svolta prenderà piede, la prima a cadere sarà la moneta europea e chissà che, prendendo spunto dagli insegnamenti Keynesiani, non si arrivi a capire che la migliore difesa degli interessi nazionali consiste, invero, nel loro superamento e cioè nell´adozione di una moneta sovranazionale, capace di contrastare il pericoloso dominio di un´unica moneta nazionale su tutte le altre, così come accade oggi col dollaro statunitense.
È pretendere troppo? No, davvero, e speriamo che il tempo ci dia ragione!

 

di Redazione 1.1.2017