Se anche il Pandoro diventa amaro c’è da riflettere seriamente

 

Il 2024 inizia in un clima primaverile che toglie all’inverno tutte le sue velleità. Tantissimi sono contenti rallegrati dal grande risparmio energetico ma anche sollevati dal non dover affrontare gli abituali disagi stagionali legati al freddo. Quello che sembra un bene ha però diversi aspetti e non tutti sono positivi.

 

Se all’uomo comune di città, impiegato in attività non legate ai cicli stagionali, questo riscaldamento rende la vita più facile, dall’altra parte sono in tanti a vivere la bizzarria del clima come una vera tragedia.

La stagione sciistica in Italia si riduce sempre più ed in alcune località è totalmente a rischio.

 

Un vero guaio per amministrazioni e località da sempre votate al turismo invernale e che fanno degli sport invernali il traino principale per le loro economie. È il caso dell’Abetone in Toscana, località sciistica del centro Italia che quest’anno attraversa una profonda crisi per la mancanza di neve, con conseguente abbattimento delle presenze turistiche.

 

La situazione apre un grande dibattito locale, che potrebbe cambiar per sempre vocazioni e radici culturali della zona. C’è chi come Giampiero Danti della Società Abetone Funivie che pensa ad investire su moderni cannoni sparaneve computerizzati, capaci di superare il problema dell’acqua e delle temperature, elementi necessari a questi impianti tecnologici per imbiancare artificialmente tutta la zona.

 

Dello stesso avviso è Diego Petrucci, ex sindaco dell’Abetone ora consigliere di FdI per cui in montagna si va per sciare, ed è quindi limitativo pensare ad una diversificazione dei servizi turistici come soluzione. Di tutt’altro avviso Mario Tozzi, Ambientalista che da voce  a chi pensa che a fronte dei cambiamenti climatici, o presunti tali, sia tempo di cambiamenti epocali per la zona e secondo il quale i nuovi cannoni sarebbero una follia.

 

Il divulgatore scientifico sostiene inoltre che si sprecherebbe acqua, si consumerebbe un grande volume di combustibili fossili e si darebbe vita ad una situazione morfologica artificiale, con possibilità di generare problemi sul territorio per quanto riguarda frane e gestione delle acque.

 

Stessa tesi che Tozzi allarga anche per le Alpi, sostenendo che, presto la stagione sciistica non sarà più sostenibile. Dello stesso parere il presidente toscano di Legambiente, Fausto Ferruzza secondo il quale la montagna andrebbe completamente ripensata dal punto di vista della sua vocazione, fruizione ed economie, anche nell’intento di rendersi meno dipendenti dalla stagione sciistica.

 

Ripensare, un verbo di grande attualità vista la velocità con cui corre questo mondo impazzito e il bisogno di correre dietro ai cambiamenti.  Con le festività concluse, o meglio ancora vive solo per chi ha i bambini in attesa di vivere la magia dell’Epifania, è tempo di bilanci, il momento migliore per ripensare e ripensarci.

Già perché dopo il “Pandoro Gate” una riflessione comune sarebbe opportuna.

 

I fatti che vedono coinvolta l’Azienda Balocco e la nota influencer Chiara Ferragni dovrebbero veramente indurre a ripensarci come collettività umana. Una vicenda veramente squallida che L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato con una maxi multa milionaria per pratica commerciale scorretta sia l’influencer che l’Azienda dolciaria.

 

Al centro la campagna promozionale “Chiara Ferragni e Balocco insieme per l’ospedale Regina Margherita di Torino”. I fatti risalgono al 2022 quando, secondo l’autorità, le società Fenice e TBS Crew che gestiscono i marchi e i diritti di Ferragni, insieme a Balocco, avrebbero pubblicizzato il pandoro “Pink Christmas” ad un prezzo di due volte e mezzo maggiorato rispetto al prezzo dello stesso pandoro, inducendo il consumatore a credere che con l’acquisto avrebbero contribuito all’acquisto di un nuovo macchinario da donare all’ospedale torinese, per sostenere la ricerca sull’osteosarcoma e sul sarcoma di Ewing.

In realtà però la donazione di Balocco era già stata fatta e quindi le società legate all’influencer pur avendo incassato oltre un milione di euro non avrebbero contribuito all’iniziativa. In un video la Ferragni in lacrime ha spiegato come sia stato un errore di comunicazione, annunciando che devolverà 1 milione di euro all’ospedale Torinese per la cura dei bambini, salvo però poi annunciare che farà ricorso contro il provvedimento. La classica toppa che è peggio del buco.

 

Come la giri la giri rimane una brutta faccenda che deve far riflettere sul ruolo degli influencer: fenomeno delle celebrità che usano la loro fama per promuovere determinati prodotti o beni materiali e immateriali, ovvero per “influenzare” i loro fan (o i loro clienti, nel caso di promozioni non gratuite). È arrivato il momento di porre un argine a questa “cultura” dell’apparire, del consenso, e perché no, del protagonismo del denaro, che si sta insinuando sempre più tra le nuove generazioni e non solo.

Del resto quando le guerre diventano un argomento per riempire i programmi tv, sostituendosi tra loro nei palinsesti a seconda dell’audience che riescono a generare, significa che siamo al limite ed è giunto il tempo di una seria riflessione.

 

A stimolarla potrebbe aiutare la bellissima mostra in corso al Palazzo delle Esposizioni di Roma e dedicata a McCullin, che  ripercorre i momenti più significativi del suo lavoro, tra reportage sociale e i conflitti di guerra, che il fotografo ha seguito direttamente al fronte per moltissimi anni.

 

Un’esperienza che ha accumulato una moltitudine di orrore nella mente di McCullin, tale da indurlo oggi in età avanzata a ritrarre solo il bucolico paesaggio inglese, nei toni di grande drammaticità che hanno segnato per sempre il suo mondo interiore. Un’esperienza capace di indurre molte riflessioni sui valori che stiamo vivendo, e di cui fare tesoro per capire dove stiamo andando.