POCO RIGUARDO PER IL MONUMENTO AL CONTROVERSO

CRIMINOLOGO CESARE LOMBROSO

 

 

 

Verona – Una statua bronzea poggiata su quattro imponenti sovrapposizioni marmoree. È quella che celebra un discusso luminare della criminologia (studio a livello scientifico del fenomeno delinquenziale), Marco Ezechia (detto Cesare) Lombroso (Verona, 6 novembre 1835 – Torino, 19 ottobre 1909), inaugurata il 25 settembre 1921 e spostata nel dopoguerra dalla collocazione in piazza Santo Spirito negli attuali giardini omonimi, tra Porta San Giorgio e ponte Garibaldi.

Il basamento del manufatto presenta delle epigrafi difficilmente leggibili e da evidenziare al meglio da parte di chi ha competenza per obbligo istituzionale: sulla faccia frontale la dedica “A Cesare Lombroso che gettando lo scandaglio scientifico svl flagello della pellagra e negli abissi di ogni miseria morale irradiò di verità l’vmana givstizia” mentre, sul lato sinistro, la “firma” di quanti vollero il monumento, “La città natale e gli ammiratori e discepoli d’Italia e di ventitré altre nazioni”. La prima iscrizione appare parzialmente intaccata da fattori naturali ed andrebbe adeguatamente ripulita. Il color ruggine che deturpa alcune parole è un brutto neo d’incuria della postazione seduta del criminologo Lombroso, pure medico, antropologo, filosofo, giurista ed accademico.

La realizzazione commemorativa ed artistica è opera dello scultore Leonardo Bistolfi (Casal Monferrato, Alessandria, 15 marzo 1859 – Torino, 2 settembre 1933). Bistolfi ha voluto un Lombroso vestito con una tunica, meditabondo, con oggetti-simbolo connessi al suo specifico lavoro: un libro ed un teschio.

Marco Ezechia è nato terzo dei sei figli di Aronne, facoltoso commerciante poi precipitato in guai finanziari e di Zefora Levi. I Lombroso avevano origini sefardite ed erano ebrei rigidamente osservanti. L’attività di ricerca di Cesare fu ispirata dalla fisiognomica, dal darwinismo sociale e dalla frenologia. Elaborò nuove teorie che divennero famose e che incrementarono la convinzione d’individuare la tendenza a delinquere analizzando le particolarità fisiche di ciascuna persona, secondo la concezione del “criminale per nascita” in base alla quale la scaturigine dell’indole malavitosa d’un individuo si troverebbe nel suo stesso aspetto anatomico. Stando a Lombroso, si sarebbe trattato d’una patologia ereditaria a cui opporre interventi clinico-terapeutici. In seguito, molti dei suoi concetti furono ritenuti senza fondamento scientifico al punto che vari studiosi lo bollarono come “visionario”.

Trascorse la sua vecchiaia a Torino assieme ai figli Paola (antropologa e scrittrice per l’infanzia, moglie del medico Mario Carrara, antifascista che s’oppose al giuramento di fedeltà al regime), Gina (medico e scrittrice) ed Ugo (fisiologo). Malato d’angina pectoris, ebbe la crisi cardiaca fatale attorno alla mezzanotte del 18 ottobre 1909 e morì poche ore dopo. Riposa nel Cimitero monumentale del capoluogo del Piemonte. Altri Lombroso, a loro volta, sono tumulati in sarcofaghi nel Cimitero della Comunità ebraica di Verona, in via Antonio Badile 89.

 

Claudio Beccalossi