In tutto il mondo, quando si pensa all’Italia, si pensa alla cultura. Il connubio tra il nostro paese e la cultura è così forte che l’indotto annuale riconducibile alla cultura vale il 6 per cento del PIL e genera oltre 1,5 milioni di posti di lavoro. La cultura però, oltre ad abbracciare settori conosciuti che vanno dal cinema al teatro, dalla musica alla danza, dall’editoria alle attività espositive, si genera e trae linfa vitale da tante piccole realtà che spesso, nelle statistiche, non vengono neppure menzionate. Tante organizzazioni no-profit , associazioni di poche persone e circoli culturali, che non sono in grado di generare fatturati tali da essere inseriti in alcuna statistica, sopravvivono esclusivamente grazie ai piccoli contributi che ricevono durante le attività sociali e ricreative. Nonostante le difficoltà economiche, che rischiano costantemente di farle sparire, molto spesso queste realtà associative sono la fucina di molti giovani artisti. Basta pensare al classico circolo ricreativo, dove i giovani possono provare o suonare, praticamente a costo zero. Molti musicisti, se dovessero pagare, abbandonerebbero la musica e tanti artisti arrivati a festival musicali come Sanremo hanno iniziato a muovere i primi passi proprio in questo modo. L’esempio potrebbe essere replicato nei più diversi settori del mondo associazionistico che varia dal teatro alle discipline olistiche, dalla danza agli sport amatoriali, dalla poesia alla formazione in generale. I circoli culturali e ricreativi, oltre a svolgere una funzione formativa, sono in grado di garantire quel diritto alla socialità indispensabile, non solo per i giovani, ma anche per molti anziani che vivono nella solitudine nel proprio domicilio. In ultimo, ma non per importanza, le tante associazioni impegnate nel sociale, in difesa dei più deboli e dei bisognosi. Gruppi di persone che quotidianamente si occupano di aiutare le vittime di reato, di fornire un pasto a chi non può permetterselo oppure semplicemente salvare un cane abbandonato al ciglio del marciapiede. Tutte queste realtà associative non sono assolutamente menzionate, non solo nelle statistiche, ma neppure nei provvedimenti. Basta guardare il pacchetto Turismo e Cultura, contenuto nel Decreto Agosto, per accorgersi che tutte le misure prese sono state utili solo a coloro che generano fatturati importanti. La proroga della Cassa integrazione per 18 settimane, i 1.000 € per i lavoratori autonomi e per i lavoratori intermittenti dello spettacolo o gli sgravi per chi assume difficilmente saranno utilizzabili dal circolo che vive di contributi occasionali. Esenzione IMU per cinema e teatri sono utili, così come le risorse del fondo di emergenza per lo spettacolo, il cinema e l’audiovisivo, ma anche in questo caso non riguardano le piccole realtà associative. Se per i musei del MiBACT sono stati stanziati 65 mln di euro a cui si aggiungono altri 5 mln per le Fondazioni culturali create o partecipate dal MiBACT e ben 60 mln di risorse sono state destinate al sostegno del mondo dell’editoria, spettacoli, grandi eventi, fiere, congressi e musei che hanno subito danni per l’annullamento o il ridimensionamento delle attività, non si capisce per quale motivo nemmeno un euro è stato destinato ai piccoli circoli. Addirittura sono stati stanziati 25 mln di euro per potenziare gli interventi di tutela, riqualificazione e valorizzazione del patrimonio culturale contenuti nel ‘Piano strategico Grandi Progetti Beni Culturali’ con possibilità di nuove acquisizioni da parte del Mibact, ma si decide di non supportare chi ha creato laboratori culturali dal nulla. Mettendo soldi e tempo! Purtroppo quanto è stato fatto, nonostante sia importante per una consistente parte della cultura italiana, lascia fuori dai provvedimenti un’altra parte, quella che produce dal basso. Quella che crea cultura e socializzazione dal nulla. Siamo convinti che occorra riflettere su questi dati ed elaborare, in modo rapido, un piano di salvataggio per questa importante risorsa della cultura italiana. Per questo motivo siamo indignati, e lo abbiamo detto chiaramente, del DPCM emanato ad ottobre per contenere la diffusione del Covid-19 in Italia, nel quale si è deliberato che: «Sono sospese le attività di palestre, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali, fatta eccezioni per quelli con presidio sanitario obbligatorio o che effettuino l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza, nonché centri culturali, centri sociali e centri ricreativi». Questo decreto ha comportato la chiusura di migliaia di circoli in tutta Italia. Circoli a cui aderiscono milioni di persone. Realtà, che senza un aiuto concreto, molto probabilmente cesseranno di esistere. E con loro tanti luoghi di aggregazione sociale per giovani, adulti ed anziani. Questo, crediamo, è ormai palese a tutti. In questi mesi così duri abbiamo provato a fare la nostra parte, seguendo i vari DPCM, pubblicando delle linee guida comprensibili e facendo in modo che tutte le nostre associazioni affiliate si adeguassero nell’applicare correttamente tutte le misure necessarie per il contenimento del contagio. Molte associazioni, oltre ad applicare rigorosamente i protocolli indicati, hanno investito gli ultimi fondi disponibili per adeguare le sedi sociali. E adesso sono chiuse. Stessa cosa hanno fatto gli altri enti di promozione sociale, così come le loro migliaia di associazioni loro affiliate.

Cosa ha fatto l’ENAC durante questi mesi?

 7 linee guida per spiegare, dettagliatamente, i vari DPCM e come comportarsi. Tutti i documenti sono stati pubblicati ed inviati alle associazioni affiliate.  Sportello di ascolto coronavirus. Vista la situazione di emergenza è stato attivato uno sportello di ascolto per andare incontro alle esigenze di tutta la popolazione che necessitava di sostegno, assistenza ed informazioni.  Raccolta alimentare per aiutare molte famiglie e persone in difficoltà, soprattutto anziani e disabili, fornendo beni di prima necessità quali latte, pasta, zucchero, olio e scatolami.  Campagna sociale #ripartiAmo. Tramite questa campagna ENAC ha messo a disposizione, in modo gratuito, coperture assicurative per volontari impegnati nel supporto di persone anziane, disabili o in difficoltà.

Cosa chiediamo al governo?

Di ascoltare ed esaminare le nostre proposte in quanto indispensabili per salvare un mondo in difficoltà. Il mondo della cultura di base, il ritrovo dell’associazionismo militante, il luogo della socializzazione fuori dalla logica consumistica.

1. Le nostre proposte

Fondo speciale per le “Piccole Realtà Associative” - PRA Al fine disalvare dalla chiusura migliaia di piccoli circoli culturali chiediamo l’istituzione di un Fondo speciale da destinare esclusivamente alle piccole realtà associative. Molte associazioni non hanno neppure la partita iva aperta in quanto svolgono solamente attività istituzionali. Visto che il problema principale di queste associazioni è legato al mantenimento della sede, che spesso avviene tramite collette dei soci, donazioni o eventi straordinari, è in questa direzione che occorre intervenire. Il fondo “PRA” potrà essere utilizzato dalle associazioni per far fronte alle spese di mantenimento del canone di affitto della sede sociale. Tale contributo non dovrà essere erogato tramite credito d’imposta, in quanto le piccole associazioni non avendo la parte commerciale non possono utilizzare tale misura, ma dovranno essere erogate in modo diretto, alla stessa associazione oppure ai proprietari delle sedi. In questo modo le associazioni riceveranno un’ancora di salvataggio nei periodi di chiusura forzata e, al contempo, i membri del consiglio direttivo che sono responsabili in solido, non rischieranno di indebitarsi personalmente per il mantenimento di uno spazio culturale utile alla comunità territoriale. Tale fondo dovrà essere indirizzato a qualunque associazione abbia un contratto di affitto in corso, indipendentemente dal fatto di essere iscritta nei registri regionali o nazionali. Nessuna discriminazione può essere accettata da coloro che sono impegnati quotidianamente nel campo della promozione sociale e culturale. Associazioni culturali, di promozione sociale ed organizzazioni di volontariato devono poter accedere, in modo rapido e senza lungaggini burocratiche tipiche del nostro paese, alle risorse disponibili. Come si è fatto presto a chiudere tutto, altrettanto velocemente dovranno arrivare i rimborsi.

2. Buoni per rilanciare la cultura

Una parte del fondo “PRA” deve servire anche per il rilancio della domanda culturale nei territori. La cultura, come è stato più volte ribadito, è la base della nostra comunità nazionale, crediamo pertanto che sia giunta l’ora di confermare, con i fatti, quanto detto a parole. Rilanciare la domanda culturale tramite la creazione di “Buoni della cultura” da assegnare a tutti i cittadini che ne facciano richiesta, non solo aiuterebbe le piccole realtà a ricevere un contributo inatteso, ma diventerebbe un incentivo per tutte le persone che spesso restano distanti dalla cultura. I “Buoni della cultura” permetterebbero un intervento di sostegno indiretto del reddito, permettendo ai cittadini di utilizzare questi buoni per il pagamento di servizi sia nei locali pubblici che nei circoli culturali. I buoni, utilizzati dai cittadini per diversi scopi, come andare a teatro oppure al cinema, iscriversi al corso di lingue o di recitazione, partecipare al concerto o alla mostra, un volta incassati dall’erogatore del servizio, potranno essere versati sul conto dell’azienda o dell’associazione culturale.

Come reperire i fondi?

Anche in questo caso abbiamo qualche idea utile allo scopo. Quando si avanzano delle proposte, se queste comportano delle spese per l’erario pubblico, spesso il problema principale è dato dalla necessità di capire come reperire i fondi. Solitamente la prima cosa che viene fatta è quella di aumentare la pressione fiscale, cosa che crediamo, soprattutto in un momento così difficile, sia da evitare. Tuttavia, se aumentare le tasse ai cittadini deve essere evitato, anzi crediamo che la riduzione delle stesse sarebbe auspicabile al fine di aumentare la capacità di spesa degli stessi, esiste una categoria che spesso nei momenti di difficoltà ottiene il maggior profitto: le multinazionali. Oggi le grandi aziende multinazionali guadagnano sul suolo italiano miliardi di euro di profitti che spostano nei paradisi fiscali. Se quei soldi fossero tassati in Italia, frutterebbero alle casse dello Stato italiano oltre 6 miliardi di euro all’anno. Una cifra che basterebbe a finanziare non solo le proposte da noi avanzate ma anche il sistema sanitario nazionale così in affanno. Da un’analisi del centro studi di Mediobanca, sappiamo che le prime 25 società internet al mondo, realizzano in Italia ricavi per 3,3 miliardi di euro ma nel 2019 hanno pagato in tasse soltanto 70 milioni di euro. Tramite operazioni tra filiali domiciliate in diversi stati questi gruppi sono in grado dispostare gli utili nei paesi a bassa tassazione. Con queste tecniche le multinazionali del web sono riuscite a sottrarre al fisco, tra il 2015 e il 2019, circa 46 miliardi di euro. Basta pensare, ad esempio, che Netflix ha versato di tasse solo 6 mila euro, meno di un operaio. Una vergogna! Costringere le multinazionali a pagare le tasse in Italia significa dare alla cultura una speranza di rinascita!

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