DOCUMENTI ESCLUSIVI

 

ATTI UFFICIALI SULLE TRAVERSIE DI EWALD MANN,

TEDESCO RIMPROVERATO PERCHÈ NAZISTA POCO “FOCOSO”

 

Quattro fogli (tre dei quali con il recto ed il verso utilizzati), all’interno d’una busta con l’intestazione del Nsdap (Nationalsozialistische deutsche arbeiterpartei, Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori), scoperti ed acquistati a suo tempo in un negozietto d’antiquariato ad

Augsburg/Augusta (allora in Bundesrepublik Deutschland/Repubblica Federale di Germania) dall’insegnante veronese Maria Manfredini – Le amare vicende personali, dai risvolti militare

ed umano, che le carte rievocano: le liberazioni dagli internamenti nel Durchgangslager (Lager

di transito) di Limburg an der Lahn (nel febbraio 1920) e nel campo di prigionia alleato

di Marktredvitz (nel maggio 1945), dopo le due guerre mondiali, passando attraverso la secca

ramanzina ricevuta perché scarsamente propenso a “contribuire alla costruzione del Terzo Reich – Materiale inedito “dietro le quinte” della storia

 

di Claudio Beccalossi

 

  1. Augusta-Verona – Brandelli di dure prove vissute da un uomo tedesco e raggrumati in atti ufficiali adocchiati per caso in un anonima botteguccia d’antiquariato e vecchiume ad Augsburg, italianizzata in Augusta, città extracircondariale (ente territoriale) tedesca nella Baviera sud-occidentale, capoluogo del distretto governativo della Svevia con una popolazione residente pari a 295.895 (al 31 dicembre 2016, con 64.627 quale quota di stranieri, cioè il 21,8%), numero che l’annovera al terzo posto tra i centri più popolosi della Baviera, dopo München/Monaco di Baviera e Nürnberg/Norimberga. Risulta evidente la sua origine romana, in quanto fu fondata nel 15 a. C. sotto l’imperatore romano Augusto (Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, Roma, 23 settembre 63 a. C. – Nola, 19 agosto 14 d. C.), noto come Ottaviano od Augusto.

I documenti reperiti in un negozietto di Augsburg sono attinenti ad una sola persona, tale Ewald Mann, nato il 30 settembre 1897 a Chemnitz (città extracircondariale della Germania centro-orientale, nell’area centro-meridionale del Land della Sassonia in cui è terza per popolazione – con 243.089 abitanti al 31 dicembre 2009 – dopo Leipzig/Lipsia e Dresden/Dresda, capoluogo del bezirk – distretto – omonimo), costretta dal nuovo corso comunista post nazismo a chiamarsi Karl-Marx-Stadt dal 1953 al 1990 per poi tornare al vecchio nome dopo la fragorosa caduta del Muro di Berlino.

Il toponimo Chemnitz deriva dal sorabo (le lingue sorabe appartengono al gruppo slavo, sottogruppo slavo occidentale e sono divise in due diversità, cioè il sorabo superiore – serbo-lusaziano o lusaziano superiore – e quello inferiore – serbo-lusaziano o lusaziano inferiore – ) Kamjenica che significa, letteralmente, “torrente con sassi” (dato che in città scorre il fiume omonimo). Le sorabe sono parlate in Germania Orientale, in modo particolare dagli appartenenti al gruppo etnico dei sorbi (i sorbi o sorabi o serbi di Lusazia vivono come minoranza nella regione della Sorbia o Sorabia, oggi relativa per la maggior parte all’Alta Lusazia, situata negli stati federati tedeschi, Bundesländer, di Sassonia e Brandeburgo appartenenti, nel passato, alla Germania Est).

Scopritrice del materiale riguardante Ewald Mann fu Maria Manfredini (cara amica d’un tempo), allora abitante a San Martino Buon Albergo (Verona) ed insegnante di lingue. Dopo aver scorto ed acquistato i fogli ingialliti dal tempo, Maria, conoscendo il mio interesse per quel genere di carteggi dai risvolti in qualche modo storici, fu così gentile da donarmeli perché li valorizzassi e ne avessi cura. E così feci, dapprima con un articolo riepilogativo sul curioso rinvenimento, con qualche errore rimediato ora, per il quotidiano “L’Arena” di Verona (pubblicato il 23 agosto 1991) e poi custodendo con cura in archivio i pochi tasselli esistenziali di Ewald Mann prima, durante e dopo il nazismo a cui dovette necessariamente assoggettarsi.

Conservati in una busta che riporta, a sinistra in basso, l’intestazione del famigerato Nsdap (Nationalsozialistische deutsche arbeiterpartei, Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) dell’Ortsgruppe (Gruppo locale) di Chemnitz-Silbersdorf, i quattro fogli dalle diverse dimensioni (tre dei quali con il recto ed il verso utilizzati) percorrono un arco di tempo che va dal 1920 al 1945. Il primo, zeppo di timbri, annotazioni e firme, è del 19 febbraio 1920 e menziona la prigionia subita dall’agosto 1918 fino a quella data dal Vizefeldwebel (vice sergente) Mann nel Durchgangslager (Lager di transito) di Limburg an der Lahn (città tedesca situata nel Land dell’Assia).

La seconda carta, del 14 novembre 1931, consiste in un’autorizzazione concessa a Herr Mann (menzionato quale “funzionario di banca”) per usufruire d’un impianto radiofonico di ricevimento mentre il terzo atto, in inglese e tedesco, costituisce un certificato di liberazione dal campo di prigionia alleato di Martredwitz (così è dattilografato) ma dovrebbe trattarsi più esattamente di Marktredwitz, nel Land della Baviera, nel Distretto dell’Alta Franconia, oggi ad una quindicina di chilometri dal confine con la Repubblica Ceca.

Descritto stavolta come ferroviere e con tanto di suo “autografo” ed impronta digitale, oltre alle firme dell’ufficiale medico che ne ha accertato le condizioni fisiche e dell’altro ufficiale che ne ha formalizzato lo “scarico”, l’ex appartenente all’esercito tedesco ha lasciato alle spalle il secondo internamento dopo quello nella Prima guerra mondiale. E, nell’ultima detenzione, nonostante il suo non certo particolare “spirito” nazista ben espresso dal quarto “pezzo” a sua volta all’interno della busta scovata ad Augsburg dall’insegnante veronese. Si tratta d’un solenne rimprovero, tra due croci uncinate (l’una nell’intesta-zione e l’altra nel timbro in calce, accanto ad un sonoro “Heil Hitler!”), per l’appunto carente fervore hitleriano di Ewald Mann.

Nella ramanzina inviata (e da me incorniciata a dovere), il capogruppo locale del Nsdap di Chemnitz-Hilbersdorf mette in guardia il destinatario dal persistere con il suo negligente comportamento. I tratti salienti della ramanzina, tradotti dal tedesco, sono i seguenti: “Ewald Mann, l’amministrazione locale di NSV Hilbersdorf l’aveva invitata qualche tempo fa a collaborare con lei. Lei ha respinto questa richiesta da un lato, affermando motivi molto inconsistenti (…): Questo è fuori discussione, non ho tempo e comunque: può accadermi qualcosa? Non abbiamo bisogno di spiegare l'impressione che abbiamo tratto da quest’affermazione riguardante il suo atteggiamento nei confronti del nostro Stato e del nostro movimento. In ogni caso, è dovere d’ogni tedesco contribuire alla costruzione del Terzo Reich. (…) Ora speriamo che nel frattempo lei abbia cambiato idea e che abbia solo bisogno di questo suggerimento per convincersi a cooperare. Quindi voglia contattare Pg. Fritz Löbel, Chemnitz, Frankerbergerstr. 84. Il no-minato ci fornirà una relazione appropriata”.

Non si sa se la lavata di capo, in seguito, abbia prodotto l’effetto voluto nell’atteggiamento disinteressatamente nazista di Ewald Mann. Forse, volente o nolente, sì, valutando il suo internamento da militare tedesco in un campo di prigionia alleato, anni dopo. Ultima traversia nota, stando a quanto recuperato con felice intuito da Maria Manfredini, d’un inconsueto (od infelice in forma esasperata) percorso umano attraverso addirittura due guerre mondiali.

 

Nelle riproduzioni: l’incartamento intestato ad Ewald Mann che costituisce quasi una… sceneggiatura cinematografica.

Una veduta dall'alto di Augsburg