RUGGINE E CENERI.

VITTORIO GASSMAN E QUELLA SUA LONTANA SCORTESIA

 

Memoria rinfrescata sulla tomba del grande interprete del cinema, del teatro e della televisione

 

Testo e foto di Claudio Beccalossi

 

 

Roma, Cimitero del Verano (Cimitero comunale monumentale Campo Verano), quartiere di San Lorenzo – L’avevo preannunciato con un post sul mio profilo su Facebook: “Di ritorno da Roma a Verona. Dopo il mio incontro con... Vittorio Gassman...”.

Il riferimento, ovviamente, era alla mia visita alla tomba del famoso attore (dall’integrale ed originario cognome Gassmann inciso, con due enne finali) nel lato destro esterno del Quadriportico del vasto camposanto romano, la cui struttura moderna venne realizzata nel corso del Regno d’Italia napoleonico (1805-1814) su progetto di Giuseppe Valadier, tra il 1807 e il 1812, in ottemperanza all’editto di Saint-Cloud (Décret Impérial sur les Sépultures) del 1804 che obbligava a seppellire i morti all’esterno delle mura cittadine.

Gassman (nato a Genova il 1° settembre 1922, figlio di Heinrich Gassmann, ingegnere civile tedesco e di Luisa Ambron, nativa di Pisa e di religione ebraica), si sa, è stato un poliedrico e prolifico attore, regista, sceneggiatore e scrittore che spaziava nei settori cinematografico, televisivo e teatrale. Dopo la morte il 29 giugno 2000 nella sua casa a Roma, per un attacco cardiaco nel sonno, le sue ceneri sono state deposte nella tomba della famiglia D'Andrea a cui appartiene Diletta (Roma, 8 febbraio 1942), terza moglie di Gassman (ed ex moglie di Luciano Salce regista, attore, sceneggiatore, conduttore radiofonico e televisivo, commediografo e paroliere, Roma, 25 settembre 1922 – Roma, 17 dicembre 1989) al quale diede il figlio Jacopo (Roma, 26 giugno 1980).

Il sepolcro che conserva i resti de "Il Mattatore" (dal titolo d'uno spettacolo televisivo da lui condotto nel 1959), pur-troppo, appare trasandato, nell'incuria se non nell'abbandono (e le foto qui pubblicate lo documentano). Forse la moglie Diletta o qualcuno dei figli Paola (Milano, 29 giugno 1945, avuta con Eleonora Ricci, detta Nora, Viareggio, 19 luglio 1924 – Roma, 16 aprile 1976), Alessandro (Roma, 24 febbraio 1965, con madre la francese Juliette Mayniel, Saint-Hippolyte, 22 gennaio 1936) o lo stesso Jacopo, potrebbero incaricare qualcuno (se proprio non vogliono farlo in prima persona) di rendere almeno decente l’estremo ricordo dei defunti D'Andrea e dello stesso Vittorio.

Mi sono soffermato a lungo davanti alla modesta lastra di marmo a forma di libro aperto dove campeggiano una foto, gli stringati dati anagrafici di Gassman e, sotto a sinistra, quasi nascosta da fiori freschi e secchi, l’autodefinizione dettata per i posteri: “Attore. Non fu mai impallato! V. G.”. Da impallare, cioè, nel gergo teatrale e televisivo, coprire qualcuno, con il proprio corpo, in modo che non risulti perfettamente visibile agli spettatori od alle riprese televisive o cinematografiche.

Quello nel Cimitero del Verano è stato, se così si può dire, il mio secondo... “faccia a faccia” con Vittorio Gassman. Il primo, infatti, fu ben più burrascoso, quando nel luglio del lontano 1983, animato dall’entusiasmo d’occasione, mi presentai sulla soglia del suo camerino all’interno del Teatro “Filarmonico” di Verona, dove stava vestendosi per le prove del suo “Macbeth” shakespeariano, per tentare un’intervista. Mi cacciò in malo modo, spingendomi pure fuori e replicandomi «... Ma quale intervista...». Forse era con i nervi tesi per la prima al Teatro Romano, forse non avevo innescato empatia, forse ero stato inopportuno... Ma, di certo, lui fu comunque sgarbato, se non, un tantinello, pure manesco.

Fu l’altra interprete di “Macbeth”, la dolce e rassicurante Annamaria Guarnieri (Milano, 20 agosto 1934), a rincuorarmi quando, cacciato da Gassman, finii nel suo più accogliente camerino. Lady Macbeth mi concesse (lei sì, senza patemi ed isterismi) una tranquilla intervista.

Ho ricordato quel remoto episodio durante la mia permanenza davanti alla foto di Gassman, nel Cimitero del Verano. L'urna con le sue ceneri era sotto, nella tomba, a pochi metri e m’è venuto spontaneo mormorare tra me e me (e mi si passi il laido pensiero): «Esimio Vittorio, m'hai maltrattato e mancato di rispetto allora. Ma tu ora sei lì, cenere illustre ma sempre cenere. Mentre adesso sono io che ti guardo dall’alto in basso. In ogni caso, senza rancore...».

Nel piazzale del Verano sorge una statua bronzea dal massiccio piedistallo con la dedica: “A S. S. PIO XII EUGENIO PACELLI PONTEFICE ROMANO CHE QUI COL CONFORTO DELLA FEDE SOCCORSE L’URBE BOMBARDATA XIX VII MCMXLIII”. Il manufatto ricorda la venuta del Papa a primo bombardamento di Roma ancora non del tutto concluso, da parte di aerei americani delle forze alleate nel Mediterraneo, il 19 luglio 1943. L’attacco coinvolse non solo il quartiere di San Lorenzo (il più colpito) ma pure quelli di Tiburtino, Prenestino, Casilino, Labicano, Tuscolano, Nomentano e causò (secondo fonti diverse, parziali o complessive) tra i 1.500 ed i 3.000 morti e tra i 4.000 e gli 11.000 feriti. Lo stesso Cimitero del Verano subì danni al quadriportico, al Pincetto, al sacrario militare, al deposito comunale dei servizi funebri. La foto di Pio XII (Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli, Roma, 2 marzo 1876Castel Gandolfo, Roma, 9 ottobre 1958) che, nel quartiere di San Lorenzo devastato, allarga le braccia in atto di preghiera e d’invocazione della misericordia divina è entrata nella storia ed ha ispirato, con gestualità benedicente, l’opera dello scultore Antonio Berti, inaugurata il 19 luglio 1967 alla presenza dell’allora Papa Paolo VI (Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini, Concesio, Brescia, 26 settembre 1897Castel Gandolfo, Roma, 6 agosto 1978). (c. b.)

 

In senso orario.

Foto 4 e 1: l'ingresso principale a tre fornici del Cimitero del Verano;

3: tomba di Vittorio Gassman;

5: l'autore dell'articolo davanti alla tomba;

6: Papa Pacelli nel quartiere di San Lorenzo bombardato;

2: statua bronzea di Papa Pacelli nel piazzale del Verano.