Esplode la bella stagione che quest’anno sarà orfana di gite fuori porta e picnic all’aperto, almeno per ora. Si spera infatti che la Fase 2 regali in qualche modo un allentamento dei vincoli che hanno privato per due mesi gli italiani della loro libertà.

La Fase 1 ormai agli sgoccioli si è consumata all’insegna della tecnologia. Video party, Webinair, collegamenti Skype, singoli o per gruppi familiari, aperitivi on line, sono stati i protagonisti di una socialità forzata di cui però non se ne può più.

Per non parlare delle attività lavorative nel segno dello Smart Working, modello imperante a cui sempre più aziende si rivolgeranno in futuro, oppure della didattica on line, incubo di tutti i genitori che devono contemporaneamente lavorare ed assistere i propri pargoli nell’apprendimento telematico, salvo poi provvedere anche a pranzi, cene, varie ed eventuali. Un grande stress insomma che nessuno in passato si sarebbe pensato di immaginare all’idea di lavorare da casa.

Alla vigilia della Fase 2 è già abbastanza evidente come l’Italia abbia mancato un’occasione storica per rafforzare coesione e unità nazionale. Dopo pochi giorni di manifestazioni di incoraggiamento collettivo tipo sit in sul terrazzo, canzoni, inni nazionali e tante belle cose, lo stress l’ha fatta subito da padrone tirando fuori tutta la diffidenza possibile.

Campagne contro i runner prima, poi contro i padroni di cani, poi la questione morale su ogni quanto andare al supermercato e, su quale debba essere l’acquisto minimo. Mascherina si mascherina no, quali, dove e quando indossarle. Un tutti contro tutti in cui ognuno fa le sue valutazioni, condannando i comportamenti altrui mentre assolve i propri.

Unica cosa ad unire tutto il popolo una sorta di nuova vocazione che ha trasformato gli italiani in un popolo di poeti, santi, navigatori e… panificatori. Sui social network traboccano foto di pane, pizze, focacce, cornetti ed ogni sorta di lievitati che ognuno in casa si è sentito in obbligo di produrre, requisendo a mani basse quantitativi spropositati di lievito necessari a panificare per un esercito, manco fosse stato dichiarato lo stato di guerra.

Oltre ai cittadini la grande occasione per diventare un popolo nuovo l’ha persa lo stato Italiano, anzi decisamente prima quest’ultimo dei suoi cittadini. Ad oggi di tutte di tutte le iniziative prese dalla stato per contrastare le difficoltà economiche ancora non si vedono gli effetti pratici, così che quello che doveva essere il Decreto di Aprile diventerà il decreto di Maggio.

Si era parlato di 25 miliardi, poi 400 miliardi, “Potenza di Fuoco” e ancora “Bazooka fiscale” aveva sparato il premier Conte. Una pioggia di soldi che ad oggi non sembrano ancora essere arrivati nelle tasche di quelli a cui erano destinati. Imprenditori, filiera della ristorazione, del vino, comparto dei parrucchieri ed estetisti, turismo, spettacolo e quant’altro, sono tutti scontenti.

A parte i sussidi di 600 euro a chi proprio non ce la fa, tutti aspettano che lo stato li sostenga nella dolorosa apertura delle attività, in cui un prestito anche se garantito significherebbe mettersi un cappio intorno al collo visto che prima di avere degli utili con cui ripagarlo passerà del tempo. Servono soldi a fondo perduto per sostenere la PMI nei costi fissi di questa difficile riapertura, per scongiurare il fallimento del tessuto produttivo che rappresenterebbe il fallimento stesso dello stato Italiano.

Servono decisioni coraggiose da prendere subito, abbattendo la burocrazia per scongiurare il disordine civile verso il quale la mancanza di provvedimenti di economia reale porterebbe sicuramente. Decisioni da prendere magari rinunciando a questo stile di governo da “discorso alla nazione” che sa tanto di vecchi regimi, per tornare a prendere le decisioni non in maniera autoritaria e insindacabile ma passando per il coinvolgimento del parlamento, cuore pulsante della nostra democrazia.

Malgrado tutto gli imprenditori di attività rivolte al pubblico si scervellano ogni giorno tra mille peripezie, tentando di scovare escamotage legali per attenersi alle nuove norme di sicurezza e distanziamento tra le persone. In attesa di nuove disposizioni magari un po’ più permissive il protagonista di questa nuova inventiva italiana è il plexiglass, con cui si tenta tristemente di realizzare divisori che permettano alle persone di sedersi ad un tavolo di ristorante, in cerca di una qualche forma di relax che in questa modalità risulterebbe poco possibile. Così come risulta improbabile l’ingabbiamento dentro una sorta di box per dividere ombrelloni e lettini sulle spiagge, ipotesi che è apparsa più come una provocazione per indurre chi deve decidere a proporre alternative più praticabili.

Tra i fenomeni messi in evidenza dall’emergenza Covid19 non poteva mancare lo sciacallaggio, segnalato in diversi esercizi commerciali a cui andrebbe tolta la licenza invece di propinargli un’inutile multa, che non ripulisce certamente la dignità di chi è capace di lucrare sul bisogno primario in momenti di emergenza.

Molti casi sicuramente si sono verificati con i prezzi maggiorati del cibo, totalmente ingiustificati visto che se c’è una cosa che ha funzionato alla grande sono stati gli approvvigionamenti alimentari. Altri casi, forse ancora più spiacevoli si sono verificati con le mascherine, un bene dal valore di 50 centesimi arrivato a costare cifre assurde e in cui si sono dilapidate in maniera sconsiderata cifre importanti. Come quelle commissionate “all’imprenditrice” Pivetti che non erano a norma, oppure la fornitura appaltata da Zingaretti che ha regalato diversi milioni di euro dei contribuenti, ad una società praticamente fantasma. Ma a bocce ferme di queste cose se ne saprà molto di più.

Altro effetto del momento è stata la chiarezza con cui agli occhi di tutte le persone alle prese con le difficoltà del quotidiano, sono apparsi messi a nudo come non mai tutti quei radical chic, quegli opinionisti del nulla, quei parassiti pagati dal salotto buono dei benpensanti, che pontificano e fanno la morale dettando regole e comportamenti su dinamiche di vita reale che non li sfioreranno mai.

Intransigenti, sprezzanti e autoeletti al ruolo di detentori della verità assoluta. Comodamente adagiati in un mondo ovattato a cui non manca nulla neanche durante la pandemia. Nemmeno uno spazio in cui muoversi, tra terrazze di lussuosi appartamenti esclusivi e ville con giardino da cui godere della luce del sole, bene negato a tanti in questo periodo buio.

Intanto la primavera sta rapidamente precipitando dentro un’estate che sarà diversa per forza di cose. Saranno protagoniste le seconde case, per chi ce l’ha, oppure le case di nonni e suoceri, convivenze forse difficili ma il male minore dopo la clausura di questi mesi. Avere uno spazio aperto, un giardino, una vista sul mare o semplicemente stare un po’ all’aria aperta, farà sembrare dolce anche la suocera più arcigna e un barbecue in giardino sarà meglio di una cena a 5 stelle.

Fare un bagno al mare sarà più difficile tra regolamenti, prenotazioni, distanziamento e turni orari e, forse per questo, molti riscopriranno la montagna dove è più facile rimanere a distanza praticando escursioni e passeggiate. Intanto a Roma dal 18 maggio dovrebbero riaprire i musei, che con tutto il rispetto della cultura e, davanti a tanti altri esercizi pubblici, non sembravano essere un settore prioritario su cui concentrare gli sforzi per trovare soluzioni praticabili. Anche perché si stenta a credere che ci sarà la fila a visitarli.

Per Roma spesso si spende la frase “un museo a cielo aperto” e mai come in questo momento i romani non aspettano altro che arrivi il 4 di maggio, per tornare a rivedere i loro luoghi più cari dopo due mesi di prigionia legalizzata.

 

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