I primi mesi del calendario delle degustazioni romane regalano come sempre grandi appuntamenti. Tra quelli più attesi dagli appassionati si è inserito anche l’Alto Piemonte, appena consumatosi nelle sale del Radisson Blu Hotel.

Ad organizzarlo il Consorzio Tutela Nebbioli dell'Alto Piemonte in collaborazione con l’Associazione Riserva Grande di Marco Cum e con la partecipazione di Andrea Petrini, autore del seguitissimo Wine Blog Percorsi di Vino, per quanto riguarda gli appuntamenti tematici di approfondimento.

I due hanno saputo assecondare la volontà del Consorzio diretto da Lorella Zoppis, che pensava da anni di proporre a Roma un evento legato a questo territorio. L’appuntamento sin dal lancio è sembrato di quelli da non perdere e il seguito di pubblico, sia in sala che per gli approfondimenti in aula, lo ha ampiamente confermato.

Il motivo di tanta attenzione è di una semplicità disarmante, ed è da rintracciare nella straordinaria qualità dei vini che questo territorio riesce ad esprimere. Tra i banchi d’assaggio grazie alla disponibilità dei produttori, è stato possibile compiere un viaggio degustativo attraverso alcune delle denominazioni più rinomate dell’intero patrimonio vitivinicolo italiano.

Dieci denominazioni: Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Gattinara, Ghemme, Lessona, Sizzano, Valli Ossolane, tutte illustrate dai produttori stessi bottiglia per bottiglia. In due parole l’Alto Piemonte, ma anche l’AltRo Piemonte se vogliamo, quello che all’ombra dei mostri sacri Barolo e Barbaresco ha saputo creare il proprio valore senza provare invidia per vicini così invadenti.

Dominio incontrastato del Nebbiolo con i suoi diversi nomi e cloni, come Spanna o “Prunent” in uso originariamente tra le Valli Ossolane. Una grande viticultura quella del Novarese, che insieme alle province di Vercelli e Biella produce da sempre vini di altissimo livello. Ad accompagnare il grande protagonista, fino al 30%, intervengono altri autoctoni come Croatina, Vespolina ed Uva Rara, così detta per via della distribuzione rada degli acini nei grappoli.

Ottimi comprimari che non disdegnano di tirare fuori una loro personalità se vinificati in purezza. Come accade frequentemente alla Vespolina, vino meno impegnativo ma in cui si sente tutto il gusto dell’uva impreziosito dalla sua caratteristica speziatura e, che nelle zone di produzione è vissuto come vino del quotidiano e della socialità. Ottimi esempi ne sono quelli di Comero, La Cappuccina, Davide Carlone e Mazzoni con “Il Riccetto”, che fanno da apripista alla grande viticultura di zona.

Un contributo che restituisce la cifra della tradizione contadina locale, volta a nobilitare ogni vitigno con la stessa dedizione a partire da quelli meno altolocati. Superato il cancello d’ingresso ci si imbatte in veri e propri capolavori, che rendono l’operazione di compilare elenchi e liste, una sterile quanto inutile impresa. Tanto è elevata la qualità tra i banchi d’assaggio che esprimere preferenze, ancor più delle altre volte, è solamente una questione personale.

Nel bouquet di grande finezza disegnato sui toni olfattivi della viola e della liquerizia, nei rimandi a sfumature ematiche e di grafite, si distribuiscono le note del frutto, ora maturo e carnoso ora piccolo e fresco. Bottiglie di grande complessità di volta in volta influenzata da una tipologia di terreno estremamente variegata, che anche a piccole distanze è in grado di indirizzare in maniera unica la personalità del vino.

Ognuno elegante a modo suo, dai Gattinara Antoniolo, Le Castelle 2012 e San Francesco 2013, a quello di Torraccia del Piantavigna. Dal Ghemme Oltre il Bosco di Brigatti a quello di Mazzoni. Dal Bramaterra di Stefano Vampari 2011 al Roccia Rossa Riserva 2012, a Le Pianelle 2014, fino al Bramaterra di Colombera & Garella autori anche di un grande Lessona.

Poi il Fara di Francesca Castaldi, il Boca di Davide Carlone oppure l’Opera 32 di La Cappuccina così come i vini di Boniperti, Valle Roncati e Podere ai Valloni. Per quelli che c’erano sicuramente una bellissima domenica, per tutti gli altri la speranza che Alto Piemonte a Roma si ripeta anche l’anno prossimo

Bruno Fulco