IL RUOLO DELLA CINA, ASSO ‘PIGLIATUTTO’

 

Parlare oggi alla gente comune di terre rare o di lantanidi (dall’ elemento chimico capostipite, il lantanio) è un po’ come parlare di oggetti misteriosi o comunque di elementi astrusi non facilmente reperibili sul pianeta.

Ma questo è solo un gap della nostra conoscenza perché l’utilizzo delle terre rare si estende quasi illimitatamente in industrie di primaria importanza come l’aerospazio e difesa, l’energia nucleare, i superconduttori per alte temperature, i cavi di fibre ottiche a larghissima banda, i computer e i telefoni cellulari, l’acciaio e i pigmenti per le ceramiche. Interromperne la fornitura di questi elementi metterebbe in ginocchio in pochi giorni l’industria militare, aerospaziale ed elettronica dei paesi occidentali.

La scoperta delle proprietà critiche e specializzate di questi elementi che sono di supporto ad una miriade di applicazioni tecnologiche ha cooperato a far acquisire una visibilità sempre maggiore a questi metalli misconosciuti. A chi non avesse ancora ben chiaro la strabiliante utilità dei lantanidi, basterebbe puntare l’attenzione su un bene di grande consumo come la nostra auto moderna: i motori elettrici, così come i diffusori del suo sistema audio, usano magneti permanenti al neodimio-ferro-boro; i sensori elettrici impiegano zirconia (ossido di zirconio) stabilizzata con ittrio per misurare e controllare il contenuto di ossigeno del carburante; il convertitore catalitico a tre vie utilizza ossidi di cerio per ridurre gli ossidi di azoto in azoto gassoso e ossidare il monossido di carbonio e gli altri idrocarburi incombusti in anidride carbonica e acqua nei prodotti di scarico; i fosfori degli schermi ottici contengono ossidi di ittrio, europio e terbio; il parabrezza, gli specchi, le lenti e altri componenti di vetro sono lucidati usando ossidi di cerio; le batterie ricaricabili delle automobili ibride sono costituite di idruro metallico di nickel-lantanio; e perfino la benzina o il gasolio che alimentano il veicolo sono stati raffinati utilizzando catalizzatori di cracking (processo attraverso il quale si ottengono idrocarburi paraffinici) contenenti lantanio e cerio.

La scoperta delle terre rare (elementi chimici dal 57 lantanio al 71 lutezio) parte nel 1803

Nonostante l’impatto ambientale problematico di questa industria i metalli delle terre rare saranno necessari in futuro, soprattutto nello sviluppo dell’energia pulita. In uno studio del 2015, condotto da Widmer, Martin e Kimiabeigi del Centre for Advanced Electrical Drives all’Università di Newcastle (GB), si osserva come l’utilizzo di magneti derivanti dalle terre rare sia diventato comune nei motori a trazione. Nello specifico il magnete di neodimio-boro ha portato vantaggi significativi in termini di prestazione, impensabili con altre tecnologie, consentendo lo sviluppo di motori a trazione elettrica più potenti e compatti.

L´uso civile e commerciale dello spazio diventerà nel breve futuro sempre più incalzante con un mercato florido di programmi spaziali all’insegna del profitto. Si tratta di un’attività industriale complessa con obiettivi di lungo periodo a cui si collegano rischi molto particolari. Sarà un’interessante sfida innovativa per i risk manager e per gli operatori del mercato assicurativo e riassicurativo, che potranno proporre nuove soluzioni a fronte di un’importante crescita del volume di premi, visto che un programma spaziale può presupporre anche l’operatività dell’uomo nello spazio oltre l’utilizzo di sonde e veicoli spaziali di complessa natura impegnate nell’esplorazione e sfruttamento di risorse minerarie disponibili nella miriade di corpi minori (soprattutto asteroidi) del sistema solare. Si sta sempre più affermando l’idea di come lo spazio sia oramai anche un mercato molto importante nell’economia globale. La space economy è uno dei settori a crescita sostenuta con sviluppo esponenziale negli anni a venire. E per risorse minerarie, intendiamo non solo metalli pregiati come oro, platino e argento ma anche e soprattutto terre rare. Questi strani elementi sembrano essere sempre più decisivi negli equilibri (come nei conflitti) geopolitici, se si pensa che fino ad oggi la Cina ha controllato de facto la quasi totalità della produzione mondiale e con le maggiori riserve in milioni di tonnellate.

La localizzazione delle terre rare e i loro maggior produttori in campo mondiale. Le riserve mondiali di terre rare sono stimate a 120 milioni di tonnellate e, seppure in diverse concentrazioni di ossidi, giacimenti si trovano in tutto il mondo, particolarmente in Cina, Australia, Stati Uniti e Russia.

"L´ottovolante delle terre rare": il New Yorker ha dato questo titolo all’ analisi sul business delle terre rare che pubblicò qualche anno fa. Da più parti si sostiene che le guerre del futuro potranno dipendere dalla rapidità e dalla determinazione con cui una serie di paesi, Cina, Stati Uniti, Giappone e Australia in particolare, cercheranno di aggiudicarsene il monopolio. Negli ultimi anni, gruppi di esperti convocati da istituti di ricerca e agenzie governative hanno evidenziato come gli elementi chimici del gruppo delle terre rare siano fondamentali per le nuove tecnologie utilizzate per la produzione di energia pulita e di componenti elettronici sia di largo consumo sia per specifiche applicazioni militari e aerospaziali, e come esista un alto rischio di interruzioni dell’approvvigionamento di tali materiali a causa del monopolio de facto dell’industria di un paese non democratico come la Cina.

 

TERRE RARE: inserto

Gli antichi Greci definivano le terre come i materiali che rimangono dopo la combustione e non cambiano con un nuovo riscaldamento. Questa definizione greca è rimasta a lungo in chimica. Il chimico francese Antoine Lavoisier (1743-1794), conosciuto come 'il padre della chimica moderna', alla fine della sua tavola di elementi situò calce, magnesia, baria, e allumina, ossidi dei metalli allora sconosciuti. Solo nel 1808 il chimico britannico Sir Humphrey Davy (1778-1829) mostrò che le terre non sono elementi, ma ossidi composti di elementi metallici e l'ossigeno. Furono denominate “terre” poiché la maggior parte fu identificata durante il XVIII e il XIX secolo quando si era soliti dare questo nome ai minerali che non potevano essere modificati dalle fonti di calore, e “rare” perché in confronto con altre terre, tipo la calce o la magnesia, erano relativamente meno abbondanti.   

Diciassette metalli dai nomi strani vanno nella tavola degli elementi sotto il nome di terre rare e sono il più vasto gruppo di elementi con proprietà molto simili. Essi appartengono al gruppo comprendente gli elementi scandio, ittrio e lantanio e al gruppo dei lantanidi (elementi chimici con il numero atomico compreso tra 58 e 71. Il cerio è stato il primo dei lantanidi ad essere scoperto nel 1803, grazie al lavoro degli svedesi Jöns Jacob Berzelius e Wilhelm Hisinger. I chimici svedesi chiamarono la nuova terra cerite (da cui, cerio) con chiaro riferimento all'asteroide Cerere, che due anni prima, nel 1801, l'astronomo italiano Giuseppe Piazzi (1746-1826) aveva scoperto. Da allora si dovette aspettare il 1907, ovvero più di cento anni dopo quando si scoprì il lutezio, diciassettesimo e ultimo elemento di quello strano gruppo, un tempo davvero lungo dettato dalla difficoltà di separare singolarmente gli elementi dagli ossidi a causa delle loro proprietà chimiche molto simili, piuttosto che dalla loro presunta rarità.


Le terre rare e i loro minerali a partire dal cerio, in omaggio a Cerere, il primo asteroide identificato da Giuseppe Piazzi l’ 1 gennaio 1801. Manca il promezio (numero atomico 61) tra il neodimio e il samario ottenuto artificialmente dai prodotti combustibili di elementi radioattivi.

La Cina detiene il monopolio delle terre rare. L´ utilizzo delle terre rare si estende quasi illimitatamente in industrie di primaria importanza come l’aerospazio e difesa, l’energia nucleare, i superconduttori per alte temperature, i cavi di fibre ottiche a larghissima banda, i computer e i telefoni cellulari, l’acciaio e i pigmenti per le ceramiche. E’ il caso di dire che l’industria militare, aerospaziale ed elettronica dipendono da questi 17 metalli.

Per avere una vaga idea dell’importanza strategica che può avere il monopolio di queste terre rare basta seguire le scelte commerciali della Cina negli ultimi 30 anni. Nel 1985 il governo cinese alla guida di Deng Xiaoping avvia la produzione di terre rare su larga scala dal giacimento di Bayan Obo nella Mongolia interna scoperto nel 1927, immettendo così sul mercato mondiale 8.500 tonnellate di terre rare pari al 21 per cento della produzione globale contro le 13428 tonnellate prodotte dagli Stati Uniti, allora principale produttore. Intorno al 1990, la Cina è diventata il più grande produttore al mondo di elementi delle terre rare superando gli Stati Uniti. Anche India, Brasile e Malesia estraggono e perfezionano quantità significative di terre rare. La Cina, che per decenni aveva sviluppato la tecnologia per separare le terre rare (processo non facile perché si tratta di elementi molto simili sotto il profilo chimico), è entrata prepotentemente nel mercato. Grazie ai finanziamenti statali, alla manodopera a basso costo e a normative ambientali permissive, se non inesistenti, le industrie cinesi hanno sbaragliato la concorrenza. Nel 2017 la Cina produce 105.000 tonnellate di terre rare pari all’81% della produzione mondiale, a cui si devono aggiungere le quantità prodotte clandestinamente stimate intorno alle circa 10-15 mila tonnellate. Curiosamente, il secondo tra i principali paesi produttori di terre rare è l’Australia con 10.000 tonnellate, pari a circa il 10%.

Secondo una ricerca pubblicata negli Scientific Reports di Nature alla fine del 2018, il Giappone avrebbe individuato un’area ricca di terre rare, le cui quantità potrebbero, ad una prima analisi dei ricercatori, contenere oltre 16 milioni di tonnellate di terre rare, una quantità che dovrebbe ‘turbare’ il monopolio della Cina.

Ma il discorso non finisce qui. Il programma spaziale cinese, dopo il primo storico allunaggio nel dicembre 2013 e le lunghe passeggiate del rover Yutu sul nostro satellite, prevede ora l’invio di una navicella spaziale robotica per raccogliere una serie di campioni di terreno. Chi sta pensando ad un futuro cantiere lunare è proprio la Cina che - siamo certi - riuscirà in tempi rapidi a portare a casa il suo pezzo di Luna. Gli asiatici vogliono costruire una base sulla Luna e garantirsi così un monopolio sulle cosiddette terre rare anche sul nostro satellite.

Un nuovo EL DORADO con gli asteroidi

È in atto una vasta operazione da parte di alcuni Stati per far ‘approdare’ navicelle su questi corpi celesti e dar inizio in tempi brevi allo sfruttamento delle risorse minerarie, in primis oro e terre rare. Non si pecca di superficialità o di eccessiva fantasia nel paragonare questa nuova avventura spaziale alla ‘grande conquista del West’ che fu sospinta più che dall’esigenza di estendere la dominazione europea alle Americhe, dall’irresistibile attrazione dell’oro e dei tesori delle terre da conquistare. Tutti gli avventurieri che precedettero o seguirono le orme di Hernàn Cortès nel XVI secolo, furono guidati soprattutto dal mito dell’”Eldorado”, sia che si trattasse dei favolosi tesori degli Inca a cui mirava Francisco Pizarro o dell’illusoria esistenza delle sette città di Cibola (sette città d’oro) cercate a lungo da Francisco Vasquez de Coronado. 

Complice l'importanza che nel frattempo le terre rare avevano assunto nello sviluppo delle nuove tecnologie in ogni settore, l'Occidente e gli Stati Uniti in particolare, hanno cominciato a sentirsi vulnerabili, prendendo così in seria considerazione l'ipotesi di aprirsi in modo massiccio allo sfruttamento delle risorse minerarie degli asteroidi. Lo dicono il moltiplicarsi delle missioni presenti e future verso gli asteroidi di piccole dimensioni vicini alla Terra (i cosidetti NEO); lo sviluppo di una nuova generazione di spettroscopi dei raggi gamma dopati con terre rare (come l’europio) per la ricerca di corpi celesti più ‘attraenti’ per gli ‘astrominatori’; e la volontà di testare questa nuova tecnologia nello spazio circumterrestre prima di procedere alla cattura di piccoli asteroidi per favorire l’estrazione di minerali pregiati e richiesti in tutti campi tecnologicamente avanzati.

Censimento dei circa 20000 NEO (Near Earth Objects) che orbitano vicino la Terra: su questi una sonda non avrebbe molte difficoltà ad atterrarvi e ripartire risultando minima la loro gravità.

Due aziende, la Deep Space Industries in California, e la Planetary Resources nello stato di Washington, stanno lavorando attivamente per poter estrarre risorse minerarie dagli asteroidi in un futuro non lontano. L'obiettivo principale è l'acqua, il propellente per i razzi e i materiali da costruzione che hanno costi proibitivi se trasportati dalla Terra e che sono di estrema necessità per i viaggi nello spazio profondo. Entrambe le aziende affermano di voler inviare entro la fine del 2020 sonde di prospezione verso gli asteroidi. Una notizia sensazionale è che sono previsti interventi di estrazione in piena regola entro la seconda metà del prossimo decennio.

Lo studio dei corpi celesti minori si è rivelato essere importante anche per quanto riguarda le scoperte tecnologiche da poter riutilizzare sulla Terra, oltre che a test, servizi, missioni scientifiche e umane. Scoperte che consentiranno nel futuro lo sfruttamento di quelle risorse minerarie costituite da minerali preziosi come oro, platino, argento e. soprattutto… terre rare di cui gli asteroidi sembrano essere particolarmente ricchi. La mappatura e l’analisi della composizione degli asteroidi è quindi di fondamentale importanza per la scelta del target cui indirizzare la missione per procedere poi all’estrazione dei minerali. Una parte non trascurabile della missione riguarda anche la raccolta di dati che potrebbero servire un giorno per organizzare una missione al fine di impedire che un asteroide si schianti davvero sulla Terra (probabilmente con robot e non esseri umani). Nulla vieta di abbinare l’utile al dilettevole che poi è quello di approfondire le nostre conoscenze, per ora ancora piuttosto vaghe, sulle caratteristiche di questi corpi e sulla loro storia confrontando le informazioni raccolte con quelle che abbiamo già da tempo, grazie alle osservazioni con i telescopi.

Bennu (l'asteroide 101955) che ha incontrato nel dicembre 2018 la sonda della Nasa OSIRIS-rex (a destra), lanciata il 9 settembre 2016; nel 2020, la sonda si avvicinerà ad una distanza tale da permettere a un braccio robotico di prelevare campioni del suolo dell'asteroide che trasporterà con sé fino al rientro sulla Terra previsto nel settembre del 2023

Alcune aziende private si stanno già preparando a estrarre dagli asteroidi risorse fondamentali per le missioni spaziali a partire dall’acqua, propellente per razzi e materiali da costruzione. Esistono già esperienze pregresse di mappatura di corpi celesti facendo uso di spettrometri per analizzare la composizione chimica della loro superficie.

Insomma le classiche ‘galline dalle uova d’ora’ sembrerebbero essere proprio gli asteroidi, la cui ricchezza di metalli e minerali di ogni tipo è stata confermata da numerose analisi e missioni spaziali e che ora potrebbero trasformarsi, da pericolo numero uno per l’esistenza della vita sulla Terra, in risorsa per una futura espansione della nostra civiltà fuori dai confini del nostro pianeta. A prometterlo è un’ambiziosa compagnia americana, Deep Space Industries, che 5 anni fa ha presentato una road-map per trasformare i Near-Earth Objects, o NEO, ossia gli asteroidi più vicini alla Terra sotto sorveglianza speciale da parte della NASA, in vere e proprie miniere in un prossimo futuro.

27/12/2018 Giordano Cevolani