Le ambizioni di Erdogan in questi ultimi anni hanno subito molte delusioni; Iraq, Siria, Kurdistan, Palestina, Egitto e Libia anti-Gheddafi.

Il Sultano acrobata rimane, però, con una gamba nella Nato mentre con l’altra si puntella su Mosca, che – comunque - lo tratta, ben conoscendolo, con la dovuta diffidenza.

Per l’Occidente non è facile rinunciare alla Turchia, anche se ne farebbe a meno volentieri; si cerca oramai un accordo, ma – allo stato - solo tra soggetti diffidenti l’uno dell’altro e che si disprezzano.

Sorgono, però in Medio Oriente, alcune circostanze che sembrano voler dare una mano all’antico sogno di far tornare la Turchia ai fasti del passato. Per molti si tratta di un’utopia di Recep Tayyip Erdogan, per molti altri, di un incubo da non sottovalutare.

Il caso Jamal Khashoggi e la mutata situazione politico-militare in Medioriente sono i fattori, all’uopo, da prendere in esame.

Il principe saudita, Mohammed bin Salman, che doveva essere, secondo i più autorevoli politologi, l’uomo che avrebbe rivoluzionato l’Arabia Saudita e tutto il Medio Oriente, dopo l’omicidio Khashoggi, avvenuto nel consolato saudita di Istanbul, in Turchia, si vede all’improvviso messo da parte dall’Amministrazione americana e, allo stesso tempo, davanti ad un futuro talmente oscuro da far presagire il proprio declino, o, addirittura, la propria scomparsa dalla scena politica mediorientale.

Ad approfittare della situazione è proprio Erdogan, che tenta di assestare il colpo di grazia nella lunga sfida col regime saudita.

La Turchia kemalista ha cercato durante molti decenni di eliminare ogni residuo del passato imperiale e di rendere il Paese più simile alla vicina Europa, ma Erdogan, abbandonato il secolarismo di Ataturk, ha dimostrato di voler diventare il leader politico dell’Islam in virtù di un intricato sistema di alleanze e giochi diplomatici, ove sarà esclusa la presenza della monarchia wahabita.

In sostanza, se Ataturk è stato il padre della Turchia moderna, Erdogan - abile equilibrista tra mondo islamico e occidentale - è il prodotto della Turchia contemporanea.

L’assassinio di Khashoggi, come già rilevato, è stato un vero e proprio assist ai sogni del Sultano. 

Con Mohammed bin Salman in disgrazia, l’Occidente dovrà ricorrere a un nuovo alleato mediorientale e con Iran, Iraq e Siria a pezzi potrà solo scegliere tra Turchia ed Egitto; si apre, così, la sfida fra Erdogan e Abdel Fattah Al Sisi.

Se è pur vero che il Parlamento europeo di Strasburgo, il 24 novembre 2016, ha votato con una maggioranza di 471 voti, contro 37 contrari e 107 astenuti, una risoluzione di condanna delle “misure repressive sproporzionate” adottate da Erdogan dopo il fallito golpe del precedente 15 luglio e se è pur vero che detto voto resta il principale inghippo sul cammino di adesione della Turchia all´Unione Europea, è altrettanto vero che, anche per gli accordi relativi allo sbarramento dei migranti che potrebbero riversarsi sull´Europa, è giocoforza considerare la Turchia, pur allontanatasi dai valori e dai principi dell´Europa, seria candidata a principale alleata dell´Occidente.

Se così sarà, la Turchia, che - piacendo o meno - é storicamente, culturalmente e sotto il profilo religioso una parte del Medio Oriente, potrebbe realizzare il sogno di divenire la migliore attrice per la leadership in quella parte del mondo, sempre, però, Israele permettendo. E questo il Sultano, lo sa!

G.& G. Arnò