di Giorgia Miazzo

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Frammenti di vita che si nascondono dietro una foto, dentro una poesia o in mezzo a un quadro, prestiti preziosi del Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e della casa Azul, la dimora messicana dove Frida ha vissuto con il marito Rivera. Opere d’arte, ma anche oggetti di vita quotidiana, fatta di tanta sofferenza e sopportazione.

Il Mudec di Milano spegne le luci e chiude il sipario. La mostra di Frida si è conclusa qualche giorno fa e con lei se ne vanno i colori e le poesie, lasciando Milano un po’ più grigia e spenta. Un’infinita fila per vederla. Per 4 mesi un flusso di oltre 350mila persone tutte per lei. Afflussi da record, che la collocano al terzo posto delle mostre milanesi del nuovo millennio, subito dopo Picasso e Caravaggio.

Mi chiedo perché tutta l’Italia è accorsa a scrutare, gustare e trarre ispirazione da una donna messicana del secolo scorso. Penso che sia proprio la sua lacerazione fisica, dovuta a quel prematuro e rovinoso incidente, la sua agonia senza pace, il suo errare senza riposo che arrivano alla gente come qualità umane a cui tutti noi, in fondo, apparteniamo.

Frida è estrosa, eccentrica e anticonformista, con il coraggio di essere ciò che sente, una viveuse, che ama il ballo, la danza e il calore. È la rivoluzione della vita e dell’arte, la paladina dell’amore senza compromessi e l’eroina dell’integrità, Frida parla con un linguaggio profondo, libero e moderno. Frida è vera, ha fatto quello in cui ha creduto fino alla fine e questo è l’esempio che ci ha lasciato. Lei di passione ne ha da vendere, per la vita nonostante la morte, per Diego nonostante i tradimenti, per l’arte nonostante gli interessi, passione che si traduce in un codice attuale e atemporale carico di energia, ancestralità e soprattutto identità. Una donna straordinaria dal carisma disarmante che ha recuperato i canoni della sua tradizione autoctona e li ha rilanciati varcando ogni confine geografico e limite temporale, insegnando all’umanità il valore della personalità e divenendone somma maestra.

Gracias Friducha, donna spettacolare dagli occhi di guerriera e lo sguardo tenero dell’amore.

Altri due grazie sentiti a Diego Sileo, per il lavoro certosino di ricostruzione dell’identità del personaggio e Brunori Sas, per la canzone e ancor di più sublime poesia Diego e io. Chapeu!