L'espressione "asse del male" (axis of evil) coniata dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush in occasione del suo discorso sullo stato dell'unione del 29 gennaio 2002, si riferiva ad un supposto complotto di Paesi favorevoli al terrorismo internazionale e dediti allo sviluppo di armi di distruzione di massa. Le nazioni esplicitamente citate da Bush in quella occasione furono Iraq, Iran e Corea del Nord.

Gruarda un po´, oggi, da che pulpito veniva la predica; per come sono andate le cose, sono in molti oramai a pensare che l´asse del male sia rappresentato dagli USA e da Israele piuttosto che dai Paesi che essi demonizzavano.

Le cose non vanno più bene in America e quando un´economia s´inceppa, è tutto il Sistema Paese che subisce le conseguenze. In politica estera, gli Stati ad economia capitalista, come gli USA, per arginare lo stallo economico interno, creano situazioni di favore per l´industria delle armi e per i fondi monetari che si occupano delle ricostruzioni post-belliche. Ecco chiarito uno dei principali motivi per cui, ai nostri giorni, si fanno le guerre laddove non c´è alcuna necessità! Un Paese che registra una passività attorno a 350 trilioni di dollari e un´attività inferiore ai 300 trilioni, potrebbe, da subito, essere classificato come debitore insolvente, ma la verità sugli USA (cui ci riferiamo) non la conosciamomo e forse non la conosceremo mai, a meno che non avvenga un´implosione economica con conseguenze drammatiche per gli americani e non solo. La Cina, per converso, sta coprendo i “buchi neri” del pianeta, lasciati principalmente dagli USA, che supererà nel 2032, diventando, così, la prima potenza economica al mondo, anche se, sotto molti aspetti, lo è già.

Al lento crollo economico statunitense, si aggiunge l´inesorabile degrado politico e, all´uopo, vale la pena ricordare Lincoln, che, a proposito del governo, diceva: “esso è del popolo, dal popolo, per il popolo”. Purtroppo nel decorso degli anni i vari governi hanno sostituito la parola “popolo” con potere economico, affari e lobby (israeliana). Le conseguenze sono quelle che viviamo, a tutti note!

“Gli Usa hanno il problema del terrorismo in quanto alleati di Israele”

Ciò che nessuno avrebbe pensato fino a qualche anno addietro, con Trump si è tristemente realizzato. All´epoca della sua elezione egli diceva che palestinesi ed ebrei avrebbero dovuto convivere in due Stati, retti dagli accordi stipulati dai loro leader politici e che lui stesso avrebbe continuato a vivere tranquillamente con uno o due Stati, indifferentemente. Ciò, per mettere in chiaro che il problema palestinese era devoluto alle parti interessate, senza interferenze esterne. Ma cosa è successo in questi ultimi tempi di così sorprendente da far cambiare, di colpo, la politica americana in M.O.?

Non bisogna andare molto lontano, per individuare le cause; Israel Lobby & Jared Kushner, il genero di Trump. A sentire quest´ultimo, solo Jared avrebbe potuto fare da mediatore tra ebrei e palestinesi per suggellare un definitivo trattato di pace: “Se tu non ci riuscirai, nessuno ci riuscirà”, ebbe, infatti, a dire Trump, delegando il genero a gestire lo scottante problema. Ed è stato come affidare le pecore al lupo!

Ma chi è realmente Jared Kushner? Gli sono stati attribuiti vari epiteti, buoni e meno buoni, a seconda dei punti di vista, ma per quel che ci riguarda, diremo che ha 37 anni, è un giovane imprenditore di successo e nel 2009, dopo solo tre mesi di fidanzamento, ha sposato Ivanka, secondogenita del presidente Trump.

In un recente editoriale, abbiamo menzionato Will Rogers attore, comico e giornalista statunitense per aver affermato che l'America ha il migliore Congresso che il danaro può comprare. Poi, si è fatto cenno al noto saggio di Lee Drutman “Il Business dell´America è Lobbying: come le corporation sono diventate politicizzate e la politica è diventata più aziendale”. Bene, il richiamo è più che pertinente, in quanto ci riferiamo alla politica americana in Medio Oriente, “condizionata”, per come sopra esposto, dalla profonda influenza delle lobby economiche ebraiche e dei gruppi di pressione filo-israeliani. A tal proposito, è opportuno ricordare, ancora, il polemico articolo che ha già suscitato scalpore sia negli Stati Uniti che in Israele, ancorchè non risulti che alcuna rivista anglofona l'abbia pubblicato. Esso, scritto da John Mearsheimer della University of Chicago e Stephen Walt della John F.Kennedy School of Government dell'Università di Harvard, ha per titolo The Israel Lobby and Us Foreign Policy (La lobby israeliana e la politica estera degli Stati uniti).

«Gli Usa hanno un problema di terrorismo principalmente perché sono strettamente alleati a Israele - sostengono gli autori - e ciò smonta la “communis opinio” ( generale convinzione) che Israele e Washington siano alleati perché condividono la minaccia del terrorismo.

In realtà, la lobby israeliana non solo influenza, ma determina, sotto molti aspetti, la politica estera americana, distanziandola persino dagli obiettivi di interesse nazionale e, non è retorica, imbonendo persino la politica espansionistica israeliana agli occhi del popolo americano, tanto da convincerlo che gli interessi geopolitici (e per geopolitica ci riferiamo a quel complesso di problemi politici che traggono origine da fatti d’ordine territoriale) degli Usa e di Israele coincidono alla perfezione.

Analizzando i fatti più recenti, rileviamo: bombardamento americano in Siria, rottura dell´accordo nucleare con l´Iran da parte americana e trasfermento dell´ambasciata USA a Gerusalemme (senza, poi, dimenticare che, sempre grazie alla lobby ebraica, il governo americano ha, in pratica e a dir poco, chiuso gli occhi sull'espansione di Israele nei teritori occupati, rendendosi correo dei crimini contro i palestinesi).

Tutti questi accadimenti portano ad una sola conclusione: la fallimentare politica estera americana in Medio Oriente è determinata da Benjamin Netanyahu, premier israeliano, attraverso la Israel Lobby e l´appoggio dell´uomo potente della Casa Bianca, Jared Kushner.

Di lui, continuiamo a dire che, oltre che essere un uomo di successo, è anche un membro della potente comunità ebraica radicata negli Stati Uniti. La sua presenza, in rappresentanza di Trump, alla cerimonia d´inaugurazione dell´ambasciata USA a Gerusalemme, la dice lunga ed è molto significativa, ancorpiù quando dichiara: “Siamo assieme ai nostri amici e alleati e, soprattutto, stiamo facenda la cosa giusta”. A questo punto, è chiaro, tutta l´opera pacificatrice di Obama è andata a picco, il Medio Oriente sarà “l´inferno dei vivi”, ma gli interessi di Israele (politici, economici e militari) sono salvi. Si brinda alla nuova ambasciata americana di Gerusalemme e che importa se Gaza si tinge di rosso; è solo l´evoluzione di una vecchia routine!

G & G Arnò