Una Storia del vino iniziata nel 1660 che arriva ai giorni nostri, tramandando tra le generazioni la passione per il territorio e per la grande enologia internazionale.

Tutto è iniziato esattamente nel 1624 con Don Giovanni Antonio Marrocco y Orioles, Signore di Serramarrocco e Capitano di giustizia di Salemi. Le cronache del tempo riportano le gesta del nobiluomo, distintosi con il suo operato, per aver salvato la popolazione locale dalla minaccia incombente della peste. Per i suoi meriti Filippo IV Re di Spagna e Sicilia, lo insignì del titolo di Barone concedendogli un feudo reale.

Una grande estensione territoriale già nota allora per la qualità dei vigneti, da cui provenivano i vini destinati a rifornire le cantine della Real Corte di Sicilia. A qualche secolo di distanza, il volto di questa realtà è quello di Marco Serramarrocco. Chi però si aspetta lo stereotipo del signorotto di campagna, dall’accento provinciale e pronipote di una nobiltà decaduta, rimarrà certamente deluso.

L’attuale proprietario ha il volto di un tranquillo signore di esperienza internazionale, che dopo una carriera nei Lloyd di Londra come broker, ha deciso nel 2001 di ridare vita al fondo. La persona ideale come anello d’unione col passato, in grado di traghettare la tradizione vitivinicola nell’attualità del presente. Nell’incontro avvenuto presso la sede Onav di Roma e affiancato dal delegato Alessandro Brizi, Marco Serramarrocco ha snocciolato episodi tra storia e nobiltà del nostro paese, di cui la sua famiglia è stata testimone e parte attiva.

Una di quelle degustazioni in cui si fa palese il valore e l’intimo intreccio del vino, con la cultura italiana e la nostra storia. Attualmente il fondo comprende sessanta ettari, di cui ventidue a vigneto situato alle pendici del monte Erice. Un’ambiente in cui l’escursione termica e il regime delle brezze marine in arrivo dalla costa, fungono da regolatori delle temperature. L’opera di riordino fondiario è avvenuta attraverso l’attenta analisi del terreno eseguendo operazioni di carotaggio, in grado si stabilire le condizioni di impianto migliori per garantire ai vini un profilo di autenticità.

Azienda è una parola che poco si addice alla realtà Barone di Serramarrocco, sicuramente più vicina a quella degli Château Francesi, che la famiglia ha avuto modo di frequentare nella sua lunga storia. Contatto individuabile anche nel reimpianto della vigna sul modello di Bordeaux. Sistema che prevede per alcuni vitigni l’alta densità, in grado di sviluppare la competitività tra le piante stimolandole a spingere le radici più in profondità nel terreno. Una condizione di cui hanno bisogno alcuni vitigni per dare il meglio di se.

Insieme alla bassa resa comune per ogni vitigno, a tutto vantaggio della qualità del profilo organolettico. La vicinanza alla cultura enologica francese è evidente nel Serramarrocco, Cabernet Sauvignon 85% e Cabernet Franc 15%, taglio bordolese di riferimento tra quelli Italiani. Oltre alla similitudine con quelli dei cugini d’oltralpe c’è però di più. Le barbatelle della vigna da cui viene prodotto, provengono infatti direttamente da Château Lafite-Rothschild. Circostanza che ha spinto il governo Francese a riconoscere al Serramarrocco una parentela ufficiale con i propri vini, onore concesso solo in un altro caso.

Ma a parte questo l’intenzione non è quella di imitare tout court la viticultura francese, bensì quella di applicare le esperienze transalpine per valorizzare i vitigni locali come Perricone, Nero d’Avola, Grillo e Zibibbo. Oltre all’esperienza ci sono le qualità del territorio che la Regione Sicilia ha voluto tutelare, riconoscendo per primi alla “Vigna di Serramarrocco” la Denominazione di Origine Protetta Erice. Un ambiente dalle condizioni climatiche straordinarie che favorisce la viticultura di qualità, permettendo di limitare al massimo i trattamenti ed impiegando mano d’opera di provata esperienza.

Tipo quella dei viticoltori anziani che praticano la cosiddetta vendemmia negativa, una selezione iniziale che scarta a prescindere i grappoli non ritenuti idonei per conferire al vino un’elevata qualità. L’attenzione prosegue in cantina dove vendono utilizzati con equilibrio solamente legni francesi di primissima qualità, in grado di accompagnare il vino nella maturazione senza comprometterne la finezza. Aspetto evidenziato anche dalla degustazione che prevedeva cinque vini rossi. Il primo all’assaggio è stato il Baglio di Serramarrocco 2016, Nero d’Avola in purezza, in cui si sente la vicinanza del mare che regala una sfumatura salata.

Frutto maturo e nota balsamica, pepe, tabacco dolce e cioccolato in un naso che cambia continuamente. In bocca rimane coerente e agile grazie all’acidità. Il tannino che pur ribadisce la sua presenza, è già abbastanza gradevole e concorre alla piacevole lunghezza finale. E’ stata poi la volta del Sammarcello 2016 da uve Perricone, localmente detto anche Pignatello. Autoctono Siciliano in passato a rischio estinzione, ma che oggi sta trovando una sua nuova dimensione e di ottime prospettive future. Qui il frutto è più fresco, dalla sfumatura emergono toni verdi poi chiude su note di spezie e liquerizia, ma rimane meno complesso del precedente.

Nel Nero di Serramarrocco 2014, ancora Nero d’Avola ma di un clone diverso dal precedente, il territorio si esprime al massimo. Complessità caratterizzata da note di cioccolato all’arancia che poi si distendono in eleganza sul frutto rosso maturo, le spezie e la liquerizia, in un profilo che sfugge al profilo classico del vitigno. Poi ancora Perricone per il Barone di Serramarrocco 2014 dove il frutto rosso si presenta in diverse declinazioni, introducendo accenni balsamici, cacao e note dolci di spezie e tabacco. Sorso ricco e potente, un vino che ha tutte le carte in regola per evoluzione in maniera importante.

In ultimo il Serramarrocco 2014 di cui sopra, dove l’impatto balsamico apre la complessità del vino su note fruttate che cambiano durante la permanenza nel bicchiere, lasciando poi la scena alle erbe aromatiche e al tabacco, su un fondo aromatico scuro che richiama la cenere. Grande eleganza che in bocca soffre un po’ la giovinezza, lasciando solo intravedere il grande vino che acidità e tannino gli consentiranno di diventare nell’invecchiamento. Caratteristica da condividere in parte anche con gli altri vini, quasi tutti all’inizio del loro percorso.

Finisce qui una bellissima degustazione, ricca di argomenti e interessanti spunti su territorio, tradizione italiana e capacità di evoluzione dei vini. Per quelli che invece, limitano una degustazione allo sterile elenco di fattori degustativi presenti in un bicchiere, è stata una magnifica occasione per capire che forse dovrebbero occuparsi di approfondire altro.

Foto: Serramarrocco

Bruno Fulco