La città comincia pian piano a vestirsi di addobbi natalizi. Compresi gli orribili Babbo Natale appesi alle finestre e spesso poi, li dimenticati per il resto dell’anno. Supermercati e negozi sono già invasi di dolci e beni dedicati alle festività. Per essere nel clima giusto anche il freddo ha fatto la sua parte, infatti è solo da pochi giorni che le temperature possono veramente definirsi invernali. In prossimità di parchi ed aree verdi, l’invasione delle foglie cadute regala alla città l’atmosfera tipica dell’inverno, ma tutto questo non basta ai romani per alzare l’euforia. Come anche per il resto del paese, l’aria che si respira è un’aria dimessa. Ognuno come un piccolo topolino in gabbia che rincorre la sua coda, percorre le strade della sua vita in una rassegnata routine. In un paese governato dal malaffare e dalle lobby, che vede coinvolti in affari giudiziari i suoi amministratori più insospettabili in un costante aumento annuale, non esistono più certezze ne grandi speranze.

Tra le poche rimaste oltre alla Mamma c’è il calcio, con la sua capacità di dividere in fazioni ed alimentare infiniti dibattiti. In rare occasioni però il pallone è anche in grado di unire come nulla più nell’Italia di oggi. La Nazionale, gli Azzurri, sono questi gli artefici dei grandi momenti di trasporto collettivo, che annullano le differenze sociali rendendo tutti semplicemente e solo Italiani. Ebbene sono riusciti a toglierci pure questo. Per la seconda volta nella sua storia a distanza di sessant’anni, l’Italia non si è qualificata per la fase finale dei Mondiali che si svolgeranno in Russia la prossima estate. Eliminata per mano della Svezia la Nazionale ha denunciato tutti i suoi limiti. A parte il merito sportivo che va ai modesti calciatori svedesi, in realtà l’Italia è stata eliminata solo da se stessa.

Il fallimento più che sportivo è strutturale, figlio della politica in cui versa la gestione dello sport in Italia. Anche li, come in ogni altro sistema di potere che si sviluppa all’ombra del tricolore, quello che conta è la politica, né meriti, né altri valori. Alla luce della debacle dell’ultimo mondiale Brasiliano, quando l’allenatore Prandelli e il Presidente della Figc Abete si dimisero addossandosi interamente le colpe del fallimento della spedizione brasiliana, si erano creati i presupposti per rifondare il movimento dalla base, ma purtroppo la logica Italica prevalse anche allora.

All’improvviso dal nulla apparve il vecchio Tavecchio, fresco settantenne che in virtù dei suoi legami in federazione riuscì ad aggiudicarsi la poltrona. Spazzò via forze giovani come Demetrio Albertini, una vita nel calcio vero con grandi risultati ma privo degli agganci giusti, unica cosa realmente necessaria in Italia per ricoprire un qualsiasi ruolo. Tavecchio in soli due anni, è stato capace di spregevoli uscite dialettiche in grado di far vergognare qualsiasi sportivo italiano, bersagliando donne e persone di colore con una facilità sbalorditiva. Ma altrettanto sbalorditivo si è dimostrato il sistema Italia, incapace di mettere alla porta un personaggio simile accettando di essere indegnamente rappresentata.

La triste parabola di questo triste personaggio si è conclusa con l’eliminazione dal mondiale a cui tutti avrebbero fatto seguire le dimissioni immediate. Il duo Tavecchio Ventura invece no. Si è distinto anche in questa occasione, con l’allenatore eclissatosi per più di un ora dopo la partita è riapparso in sala stampa farfugliando qualcosa alla bell’ e meglio, ma evitando accuratamente di rassegnare le sue dimissioni nel pieno rispetto della dignità. Una questione di soldi, che la federazione ha liquidato al C.T. Ventura il giorno dopo togliendolo dalla scena. Tavecchio invece ha provato a resistere fino alla fine quando per decenza, anche i suoi agganci di palazzo hanno dovuto abbandonarlo sfiduciandolo in assemblea. Fino alla fine ha dimostrato un attaccamento alla poltrona degno del miglior politicante Italiano, sparando fendenti a destra e a manca prima di arrendersi esausto. E pensare che alla presentazione di Ventura aveva detto “faremo cose straordinarie ed entreremo nella storia”. Bè anche se dalla porta sbagliata potrà sempre dire di esserci riuscito.

La nazionale che fallisce è la metafora, forse un pò scontata, di un paese fermo e guidato in ogni campo da vecchi tromboni. Personaggi che forti dei loro intrighi non hanno nessuna intenzione di mollare, sbarrando l’ingresso della stanza dei bottoni a forze giovani, spesso più preparate e meritevoli.

Tutto passa e non resta che distrarsi approfittando del clima natalizio, facendosi rapire dalla città in uno dei suoi momenti più belli dell’anno. Il Tevere solca la città, risplendendo qua e la nei riflessi delle luci che adornano i palazzi affacciati sulle sue sponde. La gente sembra più sorridente così indaffarata alla ricerca di regali per i propri cari. E’ uno spettacolo vedere i bambini in Piazza Navona ingolositi dalle bancarelle di giocattoli e dolciumi, con gli occhi brillanti per un Babbo Natale che gli va incontro per una foto e che in quel momento incarna tutti i loro sogni. Certo la crisi non aiuta ma induce alla ricerca di piccoli regali, pensati più per le persone e meno per il loro valore economico. Un ritorno al passato che riporta al valore reale di fare un dono, rendendo più piacevole la ricerca tra i piccoli negozi del centro invece che nei mastodontici centri commerciali della periferia.

In queste giornate spensierate non mancano le occasioni per concedersi qualche uscita in più. Si può rimanere in ambito meramente culturale, con la mostra “Picasso tra cubismo e classicismo” alle Scuderie del Quirinale, che esplora la parabola creativa del grande artista tra 1915 – 1925. Oppure fino a febbraio presso il complesso del Vittoriano, si può visitare la splendida mostra dedicata a Monet. Se invece visto il clima di festa ci si vuole dedicare ai mercatini di Natale, vale la pena visitare i piccoli borghi sparsi intorno a Roma o spingersi ad esempio fino a Viterbo, dove nello splendido centro storico medievale viene allestito il caratteristico mercatino natalizio e il presepe vivente.