A Donald Trump e all´amato Lider Kim Jong-un piace scherzare col fuoco.

L'ultima provocazione di Kim Jong-un risale a pochi giorni fa con il lancio da Pyongyang di un missile balistico che, dopo 2.700 chilometri di percorrenza ad un'altezza di 550 chilometri, sorvolando il Giappone, si è inabissato al largo dell'isola di Hokkaido.

Questo di cui si parla è il 18º lancio nel 2017 effettuato dai nordcoreani, oramai in guerra con gli USA dal 1950.

La reazione? Un copione reloaded per la circostanza, che ha visto all´azione, da un lato, Seul e Pyongyang con i rispettivi eserciti in stato di massima allerta, esecitazioni comuni delle forze sudcoreane e statunitensi al confine norcoreano e, dall´altro, gli Usa e le altre nazioni dell'Onu pronte ad infliggere al guerraiolo Kim nuove sanzioni, che, per quel che si vede, cadono nel vuoto.

Certi si è, oramai, che la via delle sanzioni non risolve il problema. Con un partner commerciale ed un malcelato santo protettore come la Cina, la Corea de Nord non sente affatto le conseguenze delle restrizioni internazionali, tant´è che continua imperterrita nel proprio programma nucleare, a dispetto di tutto e di tutti. Sarebbe inutile illudersi che, a questo punto, Kim Jong-un possa rinunciare al programma nucleare, essenziale per la sopravvivenza del regime, o che possa accettare il precedente impegno, per vari motivi non rispettato, di denuclearizzazione del Paese. Quello che si può fare oggi è evitare una guerra (atomica o convenzionale che sia) dalle conseguenze imprevedibili. È possible farlo? Probabilmente con un serio negoziato USA-Corea del Nord con cui, da una parte, si allentano le sanzioni economiche e le esercitazioni militari sulla borderline e non solo delle due Coree e, dall´altro, con un´interruzione della scalata nucleare nordcoreana.

È pure certo che, alla fin fine, ciò che il giovane satrapo norcoreano pretende non è facilmente ottenibile (il riconoscimento del regime attuale e la sovranità della Corea del Nord come Stato indipendente) perchè la soluzione del problema non dipende solo dagli USA, ma da molti altri Paesi (Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud) coinvolti in un eventuale nuovo assetto geopolitico. Tuttavia, difronte alla sfida nucleare nordcoreana ogni sforzo sarebbe giustificato e, a questo punto, ci piacerebbe ricordare una famosa citazione di John Kennedy: “Non negozieremo mai per paura, ma non avremo mai paura di negoziare”.

Ritornando ai due antagonisti, se, però, da un lato abbiamo un bambino che gioca con le armi nucleari, una personalità bizzarra e complessa ma, senza dubbio, molto pericolosa, dall´altro, ci troviamo difronte Donald Trump, un presidente che, influenzato da Steve Bannon - l’ideologo che guida la Casa Bianca, il "Rasputin" del presidente, ancorché da poco estromesso dalle sue funzioni  - non meno dei suoi predecessori, vede nella guerra la strada della gloria.

Dei 45 presidenti USA, infatti, per lo meno 20 entrano nella categoria dei belligeranti, la metà di essi, contro nemici esterni. Ricordiamo, in particolare, Abraham Lincoln e il massone Franklin Roosvelt, che si coronarono di gloria per le guerre che vinsero; il primo, quella di secessione, il secondo, la 2ª Guerra Mondiale, senza dimenticare, Ulysses Grant  e Dwight Eisenhower che con i meriti di guerra finirono anch´essi alla Casa Bianca.

La tradizione che si perpetua? Sotto certi aspetti, sicuramente sì. Trump annaspa per liberarsi dalla tela del “Russiagate”(le possibili intrusioni della Russia nelle elezioni statunitensi e lo scandalo conseguente che ha investito l'amministrazione Trump) nella quale si è ritrovato e cerca, per riscattare la propria immagine davanti agli occhi dei connazionali, la gloria fuori casa, minacciando a ventaglio i vecchi amici europei ed i nemici di sempre, nella circostanza, Kim Jong un. Ai vecchi amici, infatti, (Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna) pensa di applicare la “decostruzione” – parola dello stesso Trump – della pax americana, dunque dell’Occidente, che per due generazioni ha vissuto il più lungo ed ininterrotto  periodo di pace mai conosciuto.

Detta deconstruction, è già iniziata e, se la questione non rivestisse il carattere di massima serietà, oseremmo dire, quasi comicamente, fra fromages français e scooter italiani.

Ai nemici, invece, Trump minaccia: "In caso di attacco nucleare risposta schiacciante" e tabula rasa...anche se, successivamente, abbassa il tiro aggiungendo: "... tutte le opzioni sul tavolo".

L´avvertenza “Attenti a quei due”, sembra ancora attuale, solo che gli attori non sono i simpaticissimi Tony Curtis e Roger Moore, ma due personaggi che potrebbero essere i protagonisti di un film della serie 007; il settantenne Trump che lotta per il bene e il ventenne Kim che lotta per il male o per non far torto a nessuno, viceversa, a seconda dell´ideologia del regista. Fin qui, tutto chiaro, ma per l´esperienza acquisita nel Medio Oriente, non sembra altrettanto chiaro il fatto che la diplomazia occidentale possa essere capace di gestire l´evoluzione e la complessità dei nuovi assetti geopolitici nel lontano Oriente. C’è solo da sperare che “quei due” con i loro “giochi pericolosi” non provochino un conflitto nucleare.

Con un filo di ironia non si è mai impiccato nessuno e per sdrammatizzare, perciò, concluderemmo:

A meno che, gli stessi decidessero di riscrivere la storia degli Orazi e Curiazi. In tal caso, potrebbero sfidarsi in una foresta lontana lontana con le spade laser usate in “Star Wars” come gli scoiattoli Jedi di cui uno è stato sedotto dal Lato Oscuro della Forza e, quindi, spetta all’altro di fermare i suoi diabolici piani e ristabilire l’ordine mondiale, dopo aver dimostrato non solo di sapere usare le armi, ma di fronteggiarsi anche sul piano verbale.

Un vecchio adagio dice che il buonsenso è probabilmente il talento più equamente distribuito, ma di sicuro il meno sfruttato al mondo. Esortiamo, a questo punto, i nostri due protagonisti a farne uso, per il bene di tutti!

di Redazione