Mentre la città si appresta al consueto svuotamento estivo, non cessa il fenomeno che mai come quest’anno segna l’estate della capitale. Roma brucia, gli incendi si susseguono senza sosta piccoli o grandi che siano. Dagli accampamenti dei rom disseminati nel verde pubblico fino alle aiuole in ogni dove. Colonne di fumo si innalzano dalle periferie moderne, quelle in cui si fatica a rintracciare un tessuto sociale. Enormi agglomerati cementizi circondati da distese di prati incolti. Spazi urbani lasciati allo stato brado da un’economia comunale incapace di sostenere e gestire il suo patrimonio. Praterie che d’estate si trasformano in campi di sterpaglia pronta a prendere fuoco alla prima occasione. I piccoli distaccamenti territoriali dei volontari di protezione civile non bastano più a coadiuvare il lavoro dei pompieri, troppe le aree e anche distanti tra loro. Sicuramente la mancata cura del verde pubblico è una delle cause maggiori, ma purtroppo non è la sola. Ad aiutare questo scempio della natura ci sono i piromani. Esseri abbietti, una delle categorie umane più miserabili sulla faccia della terra. Personaggi meschini che non esitano a distruggere quello che la natura ha costruito lentamente nel tempo. I Roghi di Castelfusano fanno male al cuore. L’immensa distesa di Pineta e macchia mediterranea che costeggia la litoranea spingendosi fino all’interno, è un patrimonio radicato nella storia di ognuno di noi. Riferimento e presenza della nostra vita fin dall’infanzia. Questi rifiuti umani sono di diverse specie e nel tempo anche loro si sono evoluti nelle motivazioni. Nell’era dei “social” ci sono anche quelli che pensano di fare la bravata per poi guadagnarsi qualche “like” su facebook. Questi occupano il livello più basso nella scala della demenza. Investiti dall’imbecillità di massa e soggiogati dai social network, ai quali rifuggono per guadagnarsi un minimo di autostima inconsapevoli di rappresentare solo un bit nell’universo dei dati di mercato. Una sorta di marionette profilate per modello, allo scopo di governarne acquisti e abitudini di vita per fini commerciali. Ci sono poi quelli insospettabili dall’apparente vita normale come il ventiduenne idraulico di Busto Arsizio, venuto dal nord presumibilmente per mettere in atto il suo folle piano criminale. Aveva affittato un appartamento ad Ostia nei dintorni della pineta, dove è stato colto dai carabinieri con fazzolettini di carta e accendino durante l’incendio. La sua trasferta non sembrerebbe una casualità e qualcuno ipotizza che proprio come un killer, sia stato assoldato nell’ambito della faccenda relativa all’affidamento degli appalti per la gestione del verde pubblico. Poi c’è la terza tipologia quella del delinquente comune, che è la più triste e che più fa riflettere. A questa appartiene un altro presunto piromane, Romano Mancini 63 anni, arrestato mentre dava fuoco al rifugio di una “lucciola” all’interno della pineta. Fa riflettere perché non si capisce come un uomo con due tentati omicidi alle spalle possa girare liberamente. La prima volta colpì nel maggio del 2001, quando tentò di uccidere una prostituta Albanese di 21 anni con 14 coltellate dopo averla violentata. La poveretta si salvò solamente fingendosi morta. La seconda nel luglio del 2007 quando sgozzò una prostituta nigeriana che ebbe la fortuna di essere soccorsa da un podista. Sembra impossibile che criminali cosi manifestamente pericolosi e recidivi vengano rilasciati con così tanta leggerezza. Forse il fuoco è solo un simbolo non casuale dei nostri tempi. L’icona della deriva sociale che brucia Roma come ai tempi di Nerone. Ci rimangono le notti Romane d’agosto, quelle in cui si dorme con la finestra aperta. Nel silenzio della notte di periferia le presenze umane si fanno più definite. Giungono lontani i suoni di qualche televisore, ancora acceso a scongiurare la solitudine e i cattivi pensieri notturni. Qualche macchina passa allungando il suo rumore nello spazio all’infinito fino ad annullarsi, mentre risuonano in strada i passi di qualcuno che ha tirato tardi facendo le ore piccole. Le notti d’agosto si ripetono immutate come ogni anno indifferenti al tempo che passa. A rompere l’incanto però c’è sempre quello che alle due di notte, noncurante di nulla, si ferma sotto al portone di casa parlando al cellulare a voce alta come se fosse in piazza San Pietro a mezzogiorno. Questa intramontabile forma di cafone è endemica e ormai caratteristica. Non c’è verso di debellarla e a lui vengono dedicati sempre gli stessi rimedi. Il più educato ripete più volte “Shh” sperando che il cafone desista, qualcun altro accenna timidamente qualche parolaccia. Ma a vincere è sempre la vecchietta infastidita, che gli scarica addosso una bella secchiata d’acqua fredda. Quando si dice i rimedi della nonna. Chi rimane in città vince l’incanto di poterla vivere in relax e senza folla eccessiva, scoprendo i monumenti sotto una luce diversa. Il Colosseo racconta se stesso in una mostra che racchiude tutta la storia dell’anfiteatro nelle varie epoche fino ad oggi, ripercorrendo la sua vita e tutte le sue anime passate. L’attività commerciale come la residenza religiosa che lo caratterizzò nel Medioevo, poi dal Cinquecento come teatro della via Crucis, fino al Settecento come meta irrinunciabile per il Gran Tour di poeti, pittori e scrittori. In giro per Roma mostre ce ne sono in abbondanza per carità, ma i monumenti in estate aumentano il loro fascino. Basta passare qualche ora tra i Fori Imperiali per dirimere ogni dubbio.